Un doveroso approfondimento su questo spettacolo andava fatto. Ce ne parla Daniele Cauduro, coautore del testo e in scena, Otto Frank, il padre di Anna.
Ciao Daniele, benvenuto! Ritorna in scena ANNA, DIARIO
FIGLIO DELLA SHOAH, spettacolo di danza e prosa con regia e coreografie di Tony
Lofaro. Tu sei coautore del testo insieme a lui. Com’è nata l’idea di questo
spettacolo?
- Ciao! E grazie per questa intervista. L’idea nasce dall’incontro con Tony, che da tempo aveva la necessità di raccontare in un modo artisticamente nuovo ma allo stesso tempo didatticamente convincente, un tema così necessario come quello degli orrori dell’olocausto. Tony Lofaro, mio grande amico prima che collega, mi ha proposto subito questa collaborazione, nata già anni addietro con altri spettacoli. Dovendo poi essere io l’unica voce recitante, ha pensato di unire le due cose e permettermi insieme a lui di ridare vita e nuova lettura alle parole scritte da Anna Frank. Mi ha interessato da subito questa visione diversa, meno scontata, che parte unicamente dal punto di vista del padre. Inoltre, l’incontro con Colisseum, che fino ad allora non conoscevo, è stato unico proprio per questa identità formativa che li appartiene e che ha una grande rilevanza anche nella mia vita professionale
Tu sarai anche in scena ad interpretare Otto Frank, il padre di Anna. Parlaci di lui e di come hai affrontato la preparazione per questo personaggio.
- Questa è la mia vera sfida. Questo intenso lavoro sulla
personalità di Otto Frank mi ha portato ad una analisi profonda del senso di
paternità, che, nonostante io non sia padre, ma ho tutta l’età per poterlo
esser, ho dovuto tirare fuori. Il senso di protezione e la paura sono i motori
di questo uomo. Una chiaramente visibile e l’atro tremendamente nascosto. Come
fanno tutti i padri. Come ha fatto il mio: figura sulla quale ho riflettuto
molto, e forse, dopo tanti anni, anche capito…ma purtroppo non c’è più per
poterglielo raccontare.
Il mio Otto Frank però vuole essere anche un padre sorpreso,
discreto e talvolta ridanciano di fronte alla mentalità tanto aperta e
progressista di una figlia costretta a vivere in quelle condizioni. Otto si
sorprende continuamente di ciò che troverà scritto sul diario della figlia,
della sua capacità di affrontare la vita nonostante tutto, e del loro rapporto
realmente unico.
Fino allo strazio della separazione e della morte di tutta
la famiglia. Lavorare attorialmente su quello è dilaniante, lo ammetto, ma
estremamente appassionante. Dopo ogni replica ho male allo stomaco per il
dolore e la paura provata sulla scena. Ma ne vale la pena e non è nemmeno una
millesima parte di quella che questo uomo avrà provato realmente.
È cambiato qualcosa nella messa in scena rispetto agli
scorsi anni?
- Siamo cambiati un po’ tutti. Ogni volta che si riprende in
mano uno spettacolo dopo un po’ di tempo è necessario che ci sia qualcosa che
cambi, perché nessuno di noi è più quello di prima. Tony ha arricchito la
struttura dello spettacolo e so che anche scenograficamente ci sono delle
aggiunte. Inoltre sono cambiati anche alcuni danzatori e questo, nonostante
dispiaccia per chi non può essere con noi, è comunque sempre una fonte di
arricchimento, che, per potare in scena questa storia, ci vuole.
Tu ti occupi di progetti teatrali per le scuole portando
ai ragazzi delle esperienze formative. Come si approcciano i giovani nel vedere
spettacoli che raccontano eventi realmente accaduti?
- Esatto. Credo molto nella formazione, sia quella
accademica di cui mi occupo nelle scuole di cinema, danza e teatro dove
insegno, sia del teatro come terapia ricreativa nei progetti sociali che
svolgo.
Il teatro colpisce la parte più viva dell’essere umano,
quella più intima, più “sacra”: le emozioni. E quando si trattano con verità le
emozioni queste vibrano e fanno vibrare quelle degli altri. È legge di
risonanza. E i giovani la sentono eccome. Questo spettacolo nelle repliche
scolastiche vive di un’intensità ancora più alta perché, nonostante spesso si
demonizzino ingiustamente, i giovani sono curiosi e sanno ascoltare, anche
quella parte “sacra” che abbiamo dentro, molto più di noi adulti.
Lo spettacolo sarà in scena il 26 gennaio a Cantù, il 28 gennaio a Ivrea per poi approdare il 31 gennaio al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano. Invita il pubblico a venire a teatro.
- Andare a teatro è ogni volta un’esperienza di crescita.
Qualsiasi cosa si veda. Perché sul palco accade sempre qualcosa di vero. E la
verità emoziona sempre. Qui c’è in più la verità della storia universale che
raccontiamo e tanta, tanta poesia. Io, la mia Anna e tutti noi, vi aspettiamo a
braccia aperte! W il teatro!
Grazie Daniele!
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