3 | 8 DICEMBRE
TieffeTeatro Milano
TRAINSPOTTING
Versione Wajdi
Mouawad
Traduzione
Emanuele Aldrovandi
Uno
spettacolo
di Sandro Mabellini
Drammaturgia
scenica e interpretazione Marco
S. Bellocchio, Valentina Cardinali, Michele Di Giacomo, Riccardo
Festa
Elementi
scenici e costumi Chiara
Amaltea Ciarelli
La società s’inventa una logica assurda e complicata, per liquidare quelli che si comportano in un modo diverso dagli altri. Ma se, supponiamo, e io so benissimo come stanno le cose, so che morirò giovane, sono nel pieno possesso delle mie facoltà eccetera eccetera, e decido di usarla lo stesso, l’eroina? Non me lo lasciano fare. Non mi lasciano perché lo vedono come un segno del loro fallimento, il fatto che tu scelga semplicemente di rifiutare quello che loro hanno da offrirti.
Scegli noi. Scegli la vita. Scegli il mutuo da pagare, la lavatrice, la macchina; scegli di startene seduto su un divano a guardare i giochini alla televisione, a distruggerti il cervello e l’anima, a riempirti la pancia di porcherie che ti avvelenano. Scegli di marcire in un ospizio, cacandoti e pisciandoti sotto, cazzo, per la gioia di quegli stronzi egoisti fottuti che hai messo al mondo.
Scegli la vita. Beh, io invece scelgo di non sceglierla, la vita. E se quei coglioni non sanno come prenderla, una cosa del genere, beh, cazzo, il problema è loro, non mio. Come dice Harry Lauder io voglio andare dritto per la mia strada, fino in fondo…
Trainspotting è conosciuto al grande pubblico come il film di Danny Boyle, uscito nel 1993, e interpretato da Ewan McGregor; ma è soprattutto un romanzo scritto da Irvine Welsh, scritto in forma teatrale da Harry Gibson, poi tradotto in francese e adattato dall’autore di origine libanese Wajdi Mouawad.
Per ingannare la noia, i personaggi rubano, si fanno di eroina, alcool, rabbia repressa, e passano il tempo a “osservare i treni”, senza mai prendere quello giusto. Sono lì che attendono qualcosa che non arriverà mai, e nel frattempo, si distruggono quella vita che hanno scelto di non scegliere. I più deboli, muoiono. I più forti perdono comunque.
Trainspotting è un viaggio allucinogeno, un trip adrenalinico e alienante in cui quel nichilismo post-thatcheriano degli anni ’90, rischia violentemente di raccontarci un percorso esistenziale ancora attualissimo, mai finito, in procinto di riversarsi come uno tsunami sulla nostra generazione.
[…]
La
versione teatrale italiana ideata da Sandro
Mabellini non
subisce il contraccolpo della traslitterazione dalla celluloide al
palco ma anzi riesce
a dare nuova linfa,
grazie ad una regia raffinata e scarna insieme, concreta e lucida che
molto si basa su puntamenti e direzionamenti luci, e ad interpreti
corroboranti e vigorosi, ad un discorso qui mai trattato con banalità
né superficialità. Qui non è la droga la protagonista, non è lo
sballo, ma lo sfascio, lo sfacelo, la distruzione del sé. Antieroi e
la loro eroina. […]
[…]
Gli attori danno il meglio di sé: visi spiritati, parole biascicate,
recitazione deforme. Sono in preda a mille tic e mille nevrosi.
Assistiamo alla dilatazione delle loro pupille. Percepiamo le crisi
d’astinenza, i dolori muscolari e delle articolazioni, la nausea,
il vomito, i crampi allo stomaco, la dissenteria, i brividi, la pelle
d’oca, la sudorazione, la lacrimazione oculare,
l’estrema
irrequietezza. È un mix d’ansia e disforia, depressione ed
esaltazione. […]
ancora
attualissimo, mai finito, in procinto di riversarsi come uno tzunami
sulla nostra generazione.
[…]
Nell’affrontare questa materia infida, livida, respingente ma a
tratti anche sottilmente ironica, e non priva dei risvolti di
un’incongrua tenerezza, Mabellini torna a quei linguaggi teatrali
destrutturati, informali che gli sono più congeniali, uno stile
rigorosamente anti-naturalistico, lontano da qualunque convenzione
rappresentativa: si parla ad esempio incessantemente di aghi e di
buchi, ma emblematicamente non appare una sola siringa sulla
scena. […]
[…]
La versione scenica, infatti, è un racconto aspro, intenso,
divertente e a tratti travolgente, giocata su codici sicuramente
volgari, smaccatamente espliciti in cui il turpiloquio si muta spesso
in vertigine creativa.
Si ride, di fronte a queste squassate vicende, pensando forse non ci riguardino più di tanto: invece, a guardar bene, la provincia italiana, quella brutta bestia fatta di noia e depressioni, di inutilità e frustrazioni, di violenze e sofferenze, non è poi così lontana da quella scozzese dei passati anni 90. Magari si diranno meno “fottuti”, ma male si sta male. […]
Si ride, di fronte a queste squassate vicende, pensando forse non ci riguardino più di tanto: invece, a guardar bene, la provincia italiana, quella brutta bestia fatta di noia e depressioni, di inutilità e frustrazioni, di violenze e sofferenze, non è poi così lontana da quella scozzese dei passati anni 90. Magari si diranno meno “fottuti”, ma male si sta male. […]
[…]
I quattro interpreti sono notevolmente guidati ad un risultato
attorale collettivo e soggettivo di alto calibro. La techno la fanno
loro a cappella mentre recitano, non c’è bisogno degli Underworld,
entrano nelle complicatissime e ondivaghe parti in modo intenso,
rendendo con la giusta cattiveria il senso delle vite in bilico di
Welsh. Non mi sorprenderebbe se questo spettacolo, un must
see della stagione, o qualcuno dei suoi terzi (drammaturgia,
regia, attori), ottenesse in una qualche forma un riconoscimento per
il lavoro fatto.
Se così fosse, sarebbe meritato. Niente da dire. Lo rivedrei. E non capita spesso di poterlo dire. […]
Se così fosse, sarebbe meritato. Niente da dire. Lo rivedrei. E non capita spesso di poterlo dire. […]
Renzo
Francabandera – Paneacquaculture
BIGLIETTERIA
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10
ingressi + 2 omaggi: € 240,00
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Abbonamenti
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ingressi + 2 omaggi: € 120,00
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