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HUMAN - Marco Baliani e Lella Costa al Maggiore Verbania

Il Maggiore Verbania
DOMENICA 30 OTTOBRE 2016 ORE 21.00

MARCO BALIANI         LELLA COSTA

HUMAN

PROSA E…

di Marco Baliani e Lella Costa


con la collaborazione drammaturgica di Ilenia Carrone

e con David Marzi, Noemi Medas, Elisa Pistis, Luigi Pusceddu

Musiche Originali di Paolo Fresu

realizzate da Paolo Fresu e Gianluca Petrella

Scene e Costumi di Antonio Marras

scenografo associato Marco Velli

costumista associato Gianluca Sbicca

disegno luci Loïc François Hamelin

Regia di Marco Baliani

Una co-Produzione Sardegna Teatro, Mismaonda, Marche Teatro

«D’armi io canto e dell’eroe che, primo, dalle coste di Troia venne all’Italia, profugo per suo destino». La prima ispirazione è stata l’Eneide, il poema di Virgilio che celebra la nascita dell’impero romano da un popolo di profughi: in una lectio magistralis tenuta nell'aula magna dell'Alma Mater Studiorum di Bologna, Marco Baliani è partito dal mito per interrogarsi e interrogarci sul senso profondo del migrare. Poi l'incontro con Lella Costa e la reminescenza di un altro mito, ancora più folgorante nella sua valenza simbolica e profetica: Ero e Leandro, i due amanti che vivevano sulle rive opposte dell’Ellesponto. Prende avvio così HUMAN, dal tema delle migrazioni e dalla volontà di raccontarne l'<odissea ribaltata>.

Ma nel suo farsi vira, incalzato dagli eventi: al centro si pone lo spaesamento comune, quell'andare incerto di tutti quanti gli human beings in questo tempo fuori squadra.

HUMAN sarà in tournée sui palcoscenici italiani nella stagione 2016/17 per arrivare, nella stagione successiva, alle sedi istituzionali d'Italia e d'Europa in forma di oratorio, nel tentativo di innescare un rito di partecipazione sul significato profondo di UMANITA’. Le testimonianze dirette, i brandelli di vita vissuta, le narrazioni tramandate e quelle elaborate sui fatti contingenti; le riflessioni degli autori, i loro ripensamenti, i contributi in video o scritti di quanti accetteranno di esprimersi sull’argomento contribuendo ad arricchirlo di sfumature, faranno parte del diario di viaggio dello spettacolo che sarà possibile seguire on line giorno dopo giorno sul sito: www.progettohuman.eu.

HUMAN

Il titolo lo abbiamo trovato, la parola HUMAN sbarrata da una linea nera che l’attraversa, come a significare la presenza dell’umano e al tempo stesso la sua possibile negazione.

Umano è il corpo nella sua integrità fisica e psichica, nella sua individualità.

Quando questa integrità viene soppressa, o annullata con la violenza, si precipita nel disumano.

Umani sono i sentimenti, le emozioni, le idee, le relazioni, i diritti.

Li abbiamo sognati eterni e universali: dobbiamo prendere atto - con dolore, con smarrimento - che non lo sono.

La storia del nostro novecento e ancora le vicende di questo primo millennio ci dicono che le intolleranze e le persecuzioni, individuali o di massa, nei confronti degli inermi e degli innocenti, continuano a perpetrarsi senza sosta.

Con la nostra ricerca teatrale vorremmo insinuarci in quella soglia in cui l’essere umano perde la sua connotazione universale, utilizzare le forme teatrali per indagare quanto sta accadendo in questi ultimi anni, sotto i nostri occhi, nella nostra Europa, intesa non solo come entità geografica, ma come sistema "occidentale" di valori e di idee: i muri che si alzano, i fondamentalismi che avanzano, gli attentati che sconvolgono le città, i profughi che cercano rifugio.

Ma se ci fermassimo qui sarebbe un altro esempio di cosiddetto teatro civile, e questo non ci basta: non vogliamo che lo spettatore se ne vada solo più consapevole e virtuosamente indignato o commosso.

Vogliamo spiazzarlo, inquietarlo, turbarlo, assediarlo di domande.

E insieme incantarlo e divertirlo, ché è il nostro mestiere.

E per riuscirci andremo a indagare teatralmente proprio quel segno di annullamento, quella linea che sancisce e recide: esplorare (e forse espugnare?) la soglia fatidica che separa l’umano dal disumano, confrontarci con le parole, svelare contraddizioni, luoghi comuni, impasse, scoperchiare conflitti, contraddizioni, ipocrisie, paure indicibili.

Vorremo costruire un teatro spietatamente capace di andare a mettere il dito nella piaga, dove non si dovrebbe, dove sarebbe meglio lasciar correre. E andare a toccare i nervi scoperti della nostra cultura riguardo alla dicotomia umano/disumano.

Senza rinunciare all’ironia, e perfino all’umorismo: perché forse solo il teatro sa toccare nodi conflittuali terribili con la leggerezza del sorriso, la visionarietà delle immagini, la forza della poesia.

Marco Baliani e Lella Costa

Appunti di regia

L’incontro con l’Altro ha a che fare con lo sguardo, è soltanto guardando l’altrui esistenza che misuro la mia. La qualità di questo sguardo non è sempre identica e, a seconda di come si guarda, con che intensità, profondità, indifferenza, empatia, rifiuto, si possono generare dialoghi e confronti oppure scontri e conflitti.

Lo spettacolo Human è costruito sul tema dello sguardo verso l’Altro. Quando, con Lella Costa, abbiamo cominciato a pensare a uno spettacolo che parlasse di questo incontro con la Diversità, con le tante anime racchiuse dentro la definizione di Profugo, da subito ci siamo detti che occorreva evitare ogni retorica e ogni enfasi, e che l’impresa non era affatto semplice.

Bisognava mettere al centro il nostro stesso sguardo, non avere paura di essere sprovvisti di solide risposte, dovevamo provare a declinare, di quell’incontro con l’Altro, ciò che più metteva in crisi le nostre sicurezze, le nostre sedimentate convenzioni, fino a rivelare la nostra fragilità e il nostro smarrimento. Non è uno spettacolo che denuncia, fa indignare, informa, spiega, prende posizione, lancia messaggi o appelli. No, è piuttosto un teatro che inquieta, che pone domande e non conosce risposte, che lascia disorientati. Non è composto da una trama o da uno sviluppo drammatico circoscritto. Al contrario, è multiforme, costruito da tanti quadri a sé stanti che aprono e chiudono una situazione, senza rimandi a quella successiva se non per analogie, o per trascinamento, per esempio attraverso un dattero lanciato dal ponte di una nave di crociera e raccolto da una donna in fuga.

Lo spettacolo è declinato dalla presenza di un’umanità profuga e dall’ineludibile confronto che questa presenza genera in questa parte di mondo che chiamiamo Occidente. Ma di volta in volta questo confronto genera risposte diversificate, che necessitano di diversi linguaggi, di differenti registri linguistici, di inaspettati punti di vista fuori dal coro. Ci sono dialoghi a più voci, a volte serrati, a volte distesi, ci sono monologhi e ci sono narrazioni, c’è un canto epico, ci sono immagini di corpi impauriti, c’è un frammento di operetta buffa, ci sono inserti di acido cabaret, c’è una poesia, un canto, una musica.

È uno spettacolo che ci interroga su quella parola troppo abusata, Umanità, e interroga prima di tutto il gruppo degli attori e attrici, il nostro stare in scena dentro quella parola, con una adesione materica, corporea, al susseguirsi dei cambi di personaggi e situazioni. E materici sono anche la scena e i costumi ideati da Antonio Marras, un agglomerarsi di vestimenti dismessi, sperduti, come dilavati dalla salsedine di un mare sempre presente, ma anche dilavati dal tempo, consumati da un vivere in corsa, da un esistere in perenne fuga.

Le luci di Loïc François Hamelin sono un altro tassello della drammaturgia, un altro composto linguistico che svela e apre una babele di spazi uno all’altro compenetrati, moltiplicantesi, pur nella ridotta realtà di un palco teatrale. Le musiche composte da Paolo Fresu tracciano un filo rosso per l’intero spettacolo, guidano la successione delle scene, tessono gli interstizi dell’intero arazzo, aprono a improvvise visioni. Gianluca Petrella a volte lo asseconda col suo trombone, a volte crea una partitura sonora, anch’essa fortemente materica, di voci, acqua, colpi, echi di vita vissuta.

C’è infine un’altra possibilità di incontrare l’Altro, erigere muri, quello che sta accadendo in questa Europa impaurita. In questo caso lo sguardo si richiude in sé stesso, si fa buio.

Ma in teatro questo non può mai avvenire. È la sua fortuna e il suo destino, essere sempre di fronte, faccia a faccia. Rischiare sempre lo sguardo altrui. Il buio in teatro è solo un modo per riposare gli sguardi e attendere, se meritato, l’applauso.

Marco Baliani



L’acquisto è possibile presso il Comune di Verbania a Pallanza con i seguenti orari: Lunedì, martedì e giovedì dalle 8.00 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.00, mercoledì e venerdì dalle 8.00 alle 12.30, oppure sul sito www.ilmaggioreverbania.it

La Stagione 2016/2017 del Teatro Il Maggiore è realizzata in collaborazione con il Comune di Verbania, con il sostegno di Fondazione Piemonte dal Vivo.

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