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Alluvione. 50 anni dopo Il fiume e la città - 7/23 novembre

2 prime nazionali per un mese di spettacoli, proiezioni e incontri, tra la Pergola, il Niccolini e il Teatro Studio, con Fondazione Teatro della Toscana, Dinamo Film, Fosca, C.A.M.A., Arca Azzurra Teatro

Il 4 novembre 1966, cinquant’anni fa, l’Arno fu protagonista di un’autentica guerra, che non abbiamo più smesso di combattere. Raccontare oggi quella storia, storia d’acqua e resurrezione, per la Fondazione Teatro della Toscana non è una banale cerimonia del ricordo, ma un rito collettivo e fondamentale. Senza fatalismo. E senza dare colpa all’acqua.

Nel ’66 quell’acqua arrivò al massimo di 13 metri sul livello stradale di Firenze: Fincostassù è lo spettacolo che il giornalista e drammaturgo Alberto Severi ha scritto per Marco Zannoni e la regia di Lorenzo Degl’Innocenti. Una sorta di spartito a più voci per attore solo, trascinato a testimoniare le varie fasi della catastrofe, assumendo di volta in volta l’identità di traghettatore beone o di sommesso eroe dell’acquedotto, di acida bottegaia o di cacciatore spaccone, di pittore dongiovanni o di pretino di curia, di rigattiere filosofo o di ciarliera moglie dell’orefice di Ponte Vecchio. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana. In prima nazionale al Teatro Niccolini (11-13 / 15-16 novembre).

Scandito dal ritmo perenne della pioggia, prende corpo Il filo dell’acqua, scritto da Francesco Niccolini, regia di Roberto Aldorasi e dello stesso Niccolini: in scena Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci, tre voci per un canto che intreccia poesia, storia e memoria di chi c’era. Suoni, rumori, immagini, tutto che scorre. Tutto mischiato, travolto dall’acqua, in quel contraddittorio, spaventoso e al tempo stesso meraviglioso momento in cui tutto quello che è normalità e quotidianità salta e diventa straordinario e condiviso. Una produzione Arca Azzurra Teatro al Teatro Studio (22-23 novembre).

Il fiume è la base della cultura e della storia di Firenze, l’ha aiutata a crescere, l’ha invasa e distrutta, passa silenzioso sotto le gambe larghe dei ponti come un testimone discreto. Il sarcasmo fiorentino, di cui l’autrice, Paola Presciuttini, e l’interprete, Gionni Voltan, sono rappresentanti per ragioni di ‘nascita, di cultura e di scelta’, quello stesso spirito che ha permesso alla città di non soccombere al disastro, è l’imbarcazione con la quale Oltre gli argini, regia di Mario Mattia Giorgetti, produzione C.A.M.A., naviga sulle onde limacciose di una storia che non verrà mai raccontata abbastanza. In prima nazionale al Teatro Niccolini (17 novembre).

Non è successo nulla – appunti visivi di un laboratorio teatrale, prodotto da Dinamo Film, in collaborazione con Caterina Poggesi / Fosca e Cesare Torricelli, è una pellicola che narra di come un gruppo di ragazzi rivisitò nel 2006, dopo una serie di studi al Teatro della Pergola, il tema dell’Alluvione. Oggi quei ragazzi, diventati adulti, parteciperanno dieci anni dopo a una nuova proiezione dell’opera, proprio alla Pergola (9 novembre, ingresso libero).
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9 novembre, ore 18 | Teatro della Pergola

proiezione del film

NON È SUCCESSO NULLA – APPUNTI VISIVI DI UN LABORATORIO TEATRALE
prodotto da Dinamo Film in collaborazione con Caterina Poggesi e Cesare Torricelli

Non è successo nulla – appunti visivi di un laboratorio teatrale, prodotto da Dinamo Film, in collaborazione con Caterina Poggesi / Fosca e Cesare Torricelli, è una pellicola che narra di come un gruppo di ragazzi rivisitò nel 2006, dopo una serie di studi al Teatro della Pergola, il tema dell’Alluvione. Oggi quei ragazzi diventati adulti parteciperanno alla proiezione dell’opera mai più proiettata da allora

ingresso libero
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11 – 13 / 15 – 16 novembre, ore 21 | Teatro Niccolini PRIMA NAZIONALE

Fondazione Teatro della Toscana

Marco Zannoni

FINCOSTASSÙ

di Alberto Severi

scene Emiliano Gisolfi

costumi Elena Bianchini

regia Lorenzo Degl’Innocenti

A 50 anni dal ‘66, il giornalista e drammaturgo Alberto Severi riflette sull’alluvione che arrivò Fincostassù, al massimo di 13 metri sul livello stradale di Firenze.

Una sorta di spartito a più voci per attore solo, trascinato a testimoniare le varie fasi della catastrofe, assumendo di volta in volta l’identità di traghettatore beone o di sommesso eroe dell’acquedotto, di acida bottegaia o di cacciatore spaccone, di pittore dongiovanni o di pretino di curia, di rigattiere filosofo o di ciarliera moglie dell’orefice di Ponte Vecchio.

Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.

“Fin costassù” è arrivata l’acqua d’Arno nel 1333, nel 1844, nel 1966…

I fiorentini a volte sembrano indicare quasi orgoglio, ai “forestieri”, le lapidi apposte sui muri del centro storico, a segnare il livello raggiunto dalle acque limacciose del fiume in occasione delle alluvioni che hanno devastato Firenze nel corso dei secoli.

L’espressione semi-dialettale diventa qui il titolo, e il pretesto, per una sorta di spartito a più voci per attore solo: dove una sorta di proteiforme personaggio collettivo, trascinato suo malgrado dal bozzetto vernacolare al dramma a fosche tinte, viene chiamato dagli eventi a testimoniare le varie fasi della catastrofe, assumendo di volta in volta l’identità di traghettatore beone o di sommesso eroe dell’acquedotto, di acida bottegaia o di cacciatore spaccone, di pittore dongiovanni o di pretino di curia, di rigattiere filosofo o di ciarliera moglie dell’orefice di Ponte Vecchio. Il vernacolo con i suoi stereotipi, insomma, travolto e tuttavia ancora galleggiante nella Tragedia. Almeno mezzo secolo fa, nel 1966.

Fluisce, si ingorga e tracima, così, a imitazione dell’Arno in piena, una teoria di figure e vicende ora tragiche, ora comiche – e spesso tragicomiche – per raccontare il diluvio come in diretta, a distanza di mezzo secolo, passandosi il testimone della narrazione-rappresentazione. Fino allo struggente finale affidato al personaggio di Angela, l’angelo del fango, con le sue limpide lacrime riparatrici, e al controcanto ironico di Polvere, il cenciaolo-filosofo che di Firenze rappresentava, già a metà del ventesimo secolo, l’estrema, dimessa incarnazione.

“Prima di comprendere il significato, se ne percepisce il suono. Fincostassù quindi suona, anzi, è suonato da una piccola e disperata orchestrina che affannosamente cerca di non essere sovrastata dal fragore della catastrofe. Ogni personaggio è uno strumento che interpreta il proprio sgomento davanti al fiume di fango che, a qualcuno divora tutto, ricordi, certezze, ricchezza e ad altri regala illusioni, speranze e umanità.

Il testo di Severi racconta l’alluvione prima, durante e dopo, con le domande che restano sospese come i segni sui muri delle case, con i forse, i se, con le ipotesi, i dubbi e soprattutto con quel reagire tipico della nostra gente, carico di ironia feroce, che fa dei fiorentini un popolo a sé.

In una lotta/danza con il suono, la luce e la materia che incombono, Marco Zannoni, attore dai mille registri, che riesce a coniugare la forza del dialetto con il più raffinato surrealismo, è l’interprete ideale di questa tragicomica suite teatrale”.

Lorenzo Degl’Innocenti
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17 novembre, ore 21 | Teatro Niccolini PRIMA NAZIONALE

C.A.M.A.

Gionni Voltan

OLTRE GLI ARGINI

Firenze, 4 novembre 1966

di Paola Presciuttini

immagini curate da Alessandro Pucci

regia Mario Mattia Giorgetti

Da quando il mondo è mondo l’alluvione, o diluvio che dir si voglia, è simbolo della fine e dell’inizio della vita. Le alluvioni ci sono sempre state e purtroppo ci saranno sempre. Anche l’Arno tracima i suoi argini una volta ogni cento anni dalla notte dei tempi, il fiume è la base della cultura e della storia della città, l’ha aiutata a crescere, l’ha invasa e distrutta, passa silenzioso sotto le gambe larghe dei ponti come un testimone discreto.

Il sarcasmo fiorentino, di cui l’autrice, Paola Presciuttini, e l’interprete, Gionni Voltan, sono rappresentanti per ragioni di ‘nascita, di cultura e di scelta’, quello stesso spirito che ha permesso alla città di non soccombere al disastro, è l’imbarcazione con la quale Oltre gli argini, regia di Mario Mattia Giorgetti, naviga sulle onde limacciose di una storia che non verrà mai raccontata abbastanza.

Una produzione C.A.M.A.

Provare a raccontare l’alluvione di Firenze del 1966 è un modo per coltivare la memoria collettiva, tessuto e trama di ogni convivenza civile. Un modo per sensibilizzare le autorità, e soprattutto i cittadini, a un tema tanto importante qual è quello del rapporto con il nostro ambiente e renderci consapevoli della nostra interdipendenza con gli elementi della natura, attraverso il ricordo di un evento che ha visto una città, una nazione e il mondo intero uniti con l’obiettivo comune di salvare un luogo che è patrimonio di tutta l’umanità.

Firenze, nonostante la catastrofe, si può dire sia stata fortunata, le vittime sono state relativamente poche, ma altrove? Altrove, nelle centinaia di alluvioni che ancora oggi devastano il mondo in ogni angolo, le cose vanno diversamente. Perché, dopo millenni di convivenza con i fiumi, non abbiamo imparato il rispetto per la loro potenza e per il loro carattere.

Il sarcasmo fiorentino, di cui l’autrice e l’interprete sono rappresentanti per ragioni di “nascita, di cultura e di scelta”, quello stesso spirito che ha permesso alla città di non soccombere al disastro, sarà l’imbarcazione con la quale navigare sulle onde limacciose di questa storia che non verrà mai raccontata abbastanza.

Gionni Voltan, diretto da Mario Mattia Giorgetti, narra ciò che la storia ha conservato di quella pagina catastrofica che è stata l’alluvione di Firenze. Per evitare di commemorare un triste fatto di cronaca, la storia viene rivissuta attraverso una serie di personaggi, immaginari, ma possibili, fino ad arrivare all’Arno stesso, il fiume un po’ bizzarro, un po’ invadente, come lo sono tutti i fiorentini.

Durante lo spettacolo vengono proiettate immagini di quei fatti, immagini catastrofiche, talvolta anche singolari, impreviste, sempre “autenticamente” fiorentine, che furono registrate in quel Novembre del ‘66. Come il beffardo cartello di una trattoria del centro, affisso all’indomani dell’alluvione: “Stasera Umido!”

Il testo di Paola Presciuttini vuole raccontare una storia del passato ben conosciuta nel mondo, ma anche essere un monito per il futuro, considerate le catastrofi ambientali che si sono susseguite nel tempo e che continuano ancora oggi. Il testo proverà anche a raccontare la reazione un po’ scanzonata, ma naturale e spontaneamente ‘civile’ di un popolo, quello di Firenze, che reagì con forza, dignità e … ironia.
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22 – 23 novembre, ore 21 | Teatro Studio ‘Mila Pieralli’

Arca Azzurra Teatro

Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci

IL FILO DELL’ACQUA

di Francesco Niccolini

scene e video Antonio Panzuto

musiche originali Paolo Coletta

luci Marco Messeri

costumi Lucia Socci

regia Roberto Aldorasi e Francesco Niccolini

Cinquant’anni fa l’Arno fu protagonista di un’autentica guerra, che non abbiamo più smesso di combattere. Raccontare oggi quella storia, storia d’acqua e resurrezione, non è una banale cerimonia del ricordo, ma un rito collettivo e fondamentale, per chi – non dimenticando – vuole cercare i veri problemi e prevenire altra distruzione. Senza fatalismo. E senza dare colpa all’acqua.

Il filo dell’acqua, scritto da Francesco Niccolini, regia di Roberto Aldorasi e Francesco Niccolini, segue tre voci per un canto che intreccia poesia, storia e la memoria di chi c’era. E poi la musica, le immagini, le parole di allora, i telegiornali, le opere d’arte, le prime pagine dei giornali, le voci, il pianto, tutto mischiato, vicino e lontano, in quel contraddittorio, spaventoso e al tempo stesso meraviglioso momento in cui tutto quello che è normalità e quotidianità salta e diventa straordinario e condiviso.

Una produzione Arca Azzurra Teatro.

Un racconto in forma di poema installazione e rito collettivo che parla di cinquant’anni fa come fosse oggi, perché l’alluvione di Firenze, quel 4 novembre ‘66, non fu la prima e non è stata l’ultima. Perché l’alluvione di Firenze è stata anche l’alluvione di tutta la Toscana, l’acqua alta di Venezia, l’allagamento di mezza Italia: tutto in una notte. Allora come ora. In nome dell’acqua. In nome della vita. In nome del bene comune.

La cronaca di quei giorni: incalzante, ora dopo ora; di più: minuto dopo minuto. Di come in ventiquattr’ore piovve l’acqua di 100 giorni, di come la città non fu avvertita. Minuto dopo minuto: l’ultima notte senza sapere, un risveglio da incubo, e ottanta ore di follia, raccontate mischiando ricordi, testimonianze, lettere, la voce di Sergio Zavoli in RAI, i titoli di giornali che mai arrivarono in edicola, semplicemente perché le edicole, in strada, non c’erano più. Giorni che sconvolsero l’Italia, da Venezia a Firenze. E la tragedia di una città abbandonata, che ogni cent’anni finisce sott’acqua, senza che mai – dal Trecento a oggi – sia stato preso rimedio, né studiato un sistema d’allarme.

Scandito dal ritmo perenne dell’acqua e della pioggia, il poema prende corpo: in scena due uomini, una donna, e un immenso aggrovigliarsi di oggetti travolti dall’acqua. Suoni, rumori, immagini, tutto che scorre. Insieme raccontano e restituiscono il ricordo di giorni orribili e meravigliosi. Sì, perché incredibilmente – nella mente di tutti i protagonisti – quei momenti restano allo stesso tempo i giorni dell’umiliazione e della meraviglia, del furore e dell’entusiasmo, dell’indignazione e della solidarietà. Del lutto e della rinascita. Come al solito, tutto mischiato.

“Il filo dell’acqua è la storia immensa di una catastrofe che poteva essere mille volte di più. Ma anche la storia di una catastrofe che, almeno in parte, poteva essere evitata. Un lungo racconto che non poteva essere affidato a una voce sola, perché storia corale, che parla di vita e di bene comune, di oblio e di un’umanità intera. Che parla di una città, Firenze, dei suoi ponti, delle sue opere d’arte, delle sue biblioteche, delle sue persone. Che parla di un paese, l’Italia, che da molti anni non riesce a interrompere questa lunga, terribile, umiliante corruzione del proprio corpo. E della propria anima.”Roberto Aldorasi e Francesco Niccolini
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Prezzi Fincostassù, Oltre gli argini | Teatro Niccolini

Intero

Platea / Palco I° ordine 15€

Palco II° e III° ordine 12€


Ridotti Over 60, Under 26, soci UniCoop Firenze, abbonati Teatro della Toscana (Pergola / Teatro Niccolini / Teatro Era), possessori di Teatro della Toscana Card

Platea / Palco I° ordine 13€

Palco II° e III° ordine 10€


Biglietteria

Teatro della Pergola

Via della Pergola 30, Firenze

055.0763333 – biglietteria@teatrodellapergola.com

Dal lunedì al sabato: 9.30 / 18.30

Circuito regionale BoxOffice e online.

Biglietteria serale presso il Teatro Niccolini a partire da un’ora prima dello spettacolo.
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Prezzi Il filo dell’acqua | Teatro Studio ‘Mila Pieralli’

Interi

Posto Unico: €14

Ridotti abbonati Teatro della Toscana (Pergola, Niccolini, Teatro Era), over 60 / under 26, soci UniCoop Firenze

Posto Unico: € 12

Ridotti residenti Comune di Scandicci, possessori ICard e EduCard

Posto Unico: € 10


Biglietteria

Biglietteria di prevendita

Teatro della Pergola

Via della Pergola 30, Firenze

055.0763333 – biglietteria@teatrodellapergola.com

Dal lunedì al sabato: 9.30 / 18.30


Biglietteria on line

www.teatrostudioscandicci.it.

Circuito Regionale Box Office.

Informazioni e acquisti con carta di credito 055.0763333.


Biglietteria serale

È possibile acquistare i biglietti di tutti gli spettacoli della stagione durante le serate di spettacolo presso la biglietteria del teatro.

Via Gaetano Donizetti 58, Scandicci.

Tel. 055.7351023; teatrostudio@teatrodellatoscana.it.

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