“Aperitivo in Concerto” ha detto ancora una volta “no” alle solite idee, ai soliti nomi, ai consueti progetti logorati da innumerevoli tournée. Mai come ai nostri tempi il panorama musicale è ricco di fermenti, di creatività, di nuovi linguaggi, di commistioni e sincretismi. Nonché di artisti di straordinaria rilevanza che hanno molto da dire, dall’alto della loro fama già acquisita o dal “basso” di una giovinezza in grado di essere spigliata e scapigliata, di assumersi rischi, di scommettere sull’innovazione, sul futuro di nuove creatività provenienti da tutto il mondo.
Nella sua trentunesima edizione, “Aperitivo in Concerto” - la rassegna prodotta e organizzata al Teatro Manzoni di Milano da Mediaset e Publitalia '80, in collaborazione con Peugeot e Imetec – sempre con la direzione artistica di Gianni Morelenbaum Gualberto, ha puntato tutto su spettacolarità, coinvolgimento, creatività, innovazione, ricerca, contemporaneità, originalità. Un viaggio - fatto di undici eventi, di cui due prime europee e nove prime o uniche date italiane - alla scoperta o alla (ri)scoperta di culture e tradizioni che possono donare inattese risposte alle nostre domande. Un vero e proprio caleidoscopio di esperienze inusitate, senza precedenti, in molti casi, per le platee italiane. Undici straordinari concerti - ai quali parteciperanno, per l’appunto, grandissimi artisti che di rado frequentano o hanno frequentato le nostre sale concertistiche - che sono testimonianza delle innumerevoli risposte che le musiche dei nostri tempi possono dare alle nostre domande, dall’Europa all’Asia e alle Americhe. Uno sguardo verso il futuro attraverso la conoscenza degli altri mondi: come nella tradizione di “Aperitivo in Concerto”. Non è, dunque, un caso che la rassegna accolga il ritorno in Italia di un geniale musicista come il leggendario compositore, pianista e cornista David Amram (28 febbraio), che è stato un vero e proprio antesignano del multiculturalismo in musica, accogliendo nei suoi lavori - e fin dalle sue collaborazioni con artisti quali Oscar Pettiford e Charles Mingus - strutture accademiche, improvvisazione jazzistica, sonorità africane e afro-caraibiche, spezzoni tratti da lontane tradizioni folkloriche e dando vita così a uno spettacolare quanto unico e originalissimo linguaggio.
Non è, ancora, un caso che l’imperdibile inaugurazione di questa stagione dedicata all’entusiasmo e alla gioia della conoscenza degli altri sia affidata ad un gruppo che non è esagerato definire eccezionale, sia come esperienza musicale e culturale che come esperienza umana: Yemen Blues (8 novembre), guidato dal cantante israeliano di origini yemenite Ravid Kalahani. Yemen Blues è, infatti, un entusiasmante ed entusiasta ponte verso gli altri, verso le altre culture, una mano tesa verso la conoscenza altrui: senza pregiudizi, senza inibizioni, senza diffidenze. Grazie alla collaborazione di alcuni eccezionali musicisti (fra i quali spicca il celebre bassista Shanir Blumenkranz, già ben conosciuto dal pubblico del Teatro Manzoni per la sua prolungata partecipazione a i gruppi guidati e ideati da John Zorn), Kalahani crea un meraviglioso patchwork di esperienze culturali: le millenarie tradizioni mediorientali con le loro estatiche melodie, la policroma cultura ebraica, i ritmi africani del Falasha, il jazz, il funk, le poliritmie latinoamericane e afrocaraibiche. Un appassionato compendio della forza di vivere espressa dalle Diaspore nonostante le loro tragedie, dal forzato nomadismo, il canto universale dei girovaghi e dei giramondo: ogni spettacolo degli Yemen Blues esibisce una teatrale e coinvolgente capacità di fondere impegno, entusiasmo e intrattenimento, trasformandosi in un inarrestabile rito comunitario che è al contempo un messaggio di ottimismo per l’umanità. Un concerto di apertura che non poteva essere più aderente alla filosofia di “Aperitivo in Concerto”.
Dal Messico e per la prima volta in Europa giungono i Klezmerson (15 novembre), un impressionante gruppo di musicisti virtuosi scoperto da John Zorn, che esplora in modo spettacolare e originalissimo, in un tripudio di colori e ritmi, il klezmer e la tradizione ebraica trapiantatasi nel Nuovo Mondo con influenze latinoamericane, caraibiche, zingare e mediorientali, facendo uso anche di strumenti peculiari come il dobro o la chitarra huapango, di un’orchestrazione che si rifà alla musica popolare messicana e di un linguaggio mutuato dal jazz, dal rock e dal funk, rileggendo fra l’altro le nuove composizioni scritte per loro da Zorn nel suo nuovo “Book of Angels”: Amon.
Ancora dall’America Latina si presenta per la prima volta in Italia (17 gennaio) l’Afro-Latin Jazz Octet guidato dallo straordinario pianista Arturo O’Farrill, figlio del grande e indimenticato arrangiatore Chico O’Farrill (che molti ricorderanno con Stan Kenton, Dizzy Gillespie, Machito): di recente insignito con il Grammy Award, O’Farrill guida da anni strepitosi gruppi strumentali che illustrano in modo trascinante l’eredità afro-cubana e afro-latina nella musica improvvisata, aggiornando la sua travolgente carica ritmica e arricchendola di una incredibile varietà di timbri e accenti.
Da Haiti sgorga invece il meraviglioso talento melodico e ritmico di un affascinante violinista e compositore come Daniel Bernard Roumain (7 febbraio), oggi fra gli artisti africano-americani di punta sui palcoscenici di New York e che si presenta per la prima volta in Italia. Roumain, autore che ha collaborato con una pletora di artisti da Matthew Shipp a Philip Glass, Ryuichi Sakamoto e Dj Spooky, fa interagire jazz, rock, hip hop, minimalismo, elettronica e le sue origini haitiane in un originale e coinvolgente connubio che lo vedrà affiancato dalla più applaudita artista popolare haitiana, l’affascinante cantante Emeline Michel.
Alla sua nativa Turchia e alle culture e tradizioni del Vicino Oriente ci riporta invece il recital di uno fra i grandi protagonisti del concertismo contemporaneo, il celebrato pianista Fazil Say (20 marzo), uno dei massimi interpreti della letteratura musicale romantica e post-romantica e altresì geniale compositore ed eccellente improvvisatore. Amante del jazz e profondamente influenzato dalla musica turca e dalle sue origini che affondano nel mondo bizantino, Say - con la collaborazione di una preziosa interprete quale la cantante Serenad Bagcan - ha creato una serie di opere musicali evocative e incantatorie, di sapore arcaico e modernissimo al contempo, su cui improvvisa esibendo, non solo le sue doti d’inarrivabile virtuoso, ma anche una facondia narrativa del tutto fuori del comune, capace di arricchire estatiche melodie ascensionali, canti che sembrano emergere dalle viscere di un passato lontano e assai vicino: un’esibizione che si preannuncia unica come unico come artista è Say, cantore inarrivabile di un connubio affascinante fra Occidente e Oriente in cui sono racchiusi millenni di culture, tradizioni, arte, lingue, musiche e pensieri.
In un viaggio in Ungheria, attraverso il millenario incrociarsi fra tradizioni ebraiche e zingare, ci guida il grande trombettista Frank London (24 gennaio), conosciuto come solista dei Klezmatics così come eccelso improvvisatore ed esploratore musicale alla corte di John Zorn. Alla vigilia della Giornata della Memoria, London, con The Glass House Project, ricorda le vittime della Shoa in Ungheria nel 1944 e la famosa Glass House (Casa di Vetro, Üvegház), in cui il diplomatico svizzero Carl Lutz dette rifugio a migliaia di ebrei a Budapest. Lutz (1895-1975) salvò 62.000 ebrei dalla deportazione verso i campi di concentramento nazisti. Un’impresa ora riconosciuta come lo sforzo di salvataggio più grande che sia stato intrapreso nell’Europa dominata dai nazisti. Accompagnato da uno stuolo di artisti straordinari provenienti dalle Americhe (come il chitarrista Aram Bajakian e il contrabbassista Pablo Aslan), dall’Ungheria e da Israele, London ripercorre le vicende di Lutz e della Casa di Vetro, facendo uso di una molteplicità di antiche fonti musicali ebraiche e zingare e creando un affresco intenso quanto lirico e appassionante.
L’acclamato Marc Ribot (22 novembre), chitarrista unico per inventiva e sofisticazione, accompagnato da uno strumentista come il mitico bassista Jamaladeen Tacuma (che molti ricorderanno al fianco di Ornette Coleman) e dalla chitarrista Mary Halvorson e dal batterista Grant Calvin Weston nonché da una sezione di archi, torna a Milano per presentare un omaggio, poetico quanto intrigante, alla grande soul music di Philadelphia degli anni Settanta, quando gruppi e artisti come MFSB, Gamble & Huff, O’Jays, la Salsoul Orchestra diffondevano in tutto il mondo il cosiddetto Philly Sound: un entusiasmante tuffo nel passato, ma senza alcuna intenzione rétro, piuttosto una grande lezione di musicalità e di perenne modernità enunciata da artisti di valore che nella tradizione trovano ancora spunti per arricchire i nostri tempi.
All’espressività del jazz, e proprio alla sua capacità di rinnovare costantemente la contemporaneità rileggendo la propria e l’altrui tradizione “Aperitivo in Concerto”, come ogni anno, dedica alcuni unici, straordinari eventi: innanzitutto, il recital, il primo in Italia (29 novembre), di Roger Kellaway, uno fra i più grandi pianisti degli ultimi cinquant’anni di storia del jazz, un solista enciclopedico, inventivo e raffinato che ha saputo collaborare nel mondo dello spettacolo a tutto tondo, come direttore musicale di Bobby Darin ma anche come collaboratore di artisti assai diversi fra di loro quali Sonny Rollins, Lena Horne, Barbra Streisand, Carmen McRae, Van Morrison, Joni Mitchell, Natalie Cole, Caterina Valente, Oliver Nelson, Liza Minnelli, Henry Mancini, Thad Jones, Lalo Schifrin, Clark Terry, Quincy Jones, Yo-Yo Ma, Red Mitchell, Eddie Daniels, Tony Coe, Ben Webster, Sonny Stitt. Un concerto che si preannuncia fuori dell’ordinario ed in cui Kellaway rileggerà alcuni capisaldi del cosiddetto Great American Songbook.
Altrettanto significativo è il ritorno a Milano (31 gennaio), dopo lunghissima assenza, di uno fra i più grandi artisti africano-americani, uno dei padri della Great Black Music di Chicago, il geniale pianista Muhal Richard Abrams, artista dallo straordinario passato e indiscussa autorità spirituale dell’AACM, “Association for the Advancement of Creative Musicians” (AACM) in cui confluirono i migliori musicisti di Chicago. Il suo è stato sempre un jazz sofisticatamente sperimentale in cui egli ha saputo portare tutta l’eredità della tradizione africano-americana riletta nella sua interezza, influenzando artisti diversi come Anthony Braxton, Leo Smith, Roscoe Mitchell, Marion Brown, Chico Freeman. Un concerto imperdibile, dunque in cui Abrams si presenta con il validissimo supporto del trombettista Jonathan Finlayson (già con Steve Coleman), del fenomenale vibrafonista Bryan Carrott, del contrabbassista Brad Jones e del batterista Reggie Nicholson.
Per finire, il tradizionale “Concerto di Natale” (13 dicembre) in cui, per la prima volta in Italia, si esibirà la magnifica cantante Catherine Russell. Beniamina del pubblico newyorkese, vincitrice di un premio Grammy, star ospite ormai fissa del Lincoln Center, della Carnegie Hall e delle stagioni musicali firmate da Wynton Marsalis, la Russell è una fra le più grandi cantanti americane sulla scena internazionale. Figlia d’arte (la madre era Carline Ray, contrabbassista di Mary Lou Williams, il padre era il celebre band leader Luis Russell, a lungo direttore dell’orchestra di Louis Armstrong), per anni partner vocale in concerti e incisioni discografiche di David Bowie, è una straordinaria interprete del repertorio africano-americano degli anni Venti e Trenta. E proprio nella Harlem della Swing Era ci condurrà questo appassionante concerto, in cui la Russell è sostenuta da un gruppo di superlativi solisti e specialisti come il celebre chitarrista e arrangiatore Matt Munisteri (che molti ricorderanno più volte al Teatro Manzoni, sia come leader che come sideman della Millennium Territory Orchestra di Steven Bernstein), l’eccezionale batterista Darrian Douglas e il trombettista Jon-Erik Kellso.
Tutti i concerti di “Aperitivo in Concerto” si svolgono la domenica mattina, con inizio alle ore 11.
“Aperitivo in Concerto” 2015-2016, come per le passate edizioni, gode del Patrocinio gratuito del Comune di Milano e della Regione Lombardia.
Info Stagione 2015-2016 :
Abbonamento n. 11 concerti € 110
Abbonamenti speciali ‘coppie’ n. 11 concerti € 198 (€ 99 cad.)
In vendita alla cassa del Teatro 02 7636901 – dir.02 763690669 - 616
Via Manzoni, 42 - Milano
Disponibili fino all’8 novembre
posti fissi e numerati
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Prevendita
Biglietto intero € 12 + € 1 prev.
Ridotto giovani € 8 + € 1 prev.
dal 12 ottobre
alla cassa del Teatro
posti fissi e numerati
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Biglietto intero € 12 + € 1 prev.
Ridotto giovani € 8 + € 1 prev.
dal 12 ottobre
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Numero Verde 800-914350
Online
www.aperitivoinconcerto.com
www.teatromanzoni.it
www.Ticketone.it + Call Center 892.101
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