Il vizio dell’amore
di Gabriele Romagnoli regia Gabriele Colferai
SINOSSI Nuoce gravemente alla salute. Provoca dipendenza. Finisce in fumo, avvocati, rancore o, peggio ancora, nostalgia. Si faccia avanti chi conosce un’alternativa al Vizio Dell’Amore.
Nove donne, nove storie, nove frammenti di vita al femminile. Una professoressa dalla vita perfetta che all’improvviso decide di ricominciare daccapo. Una donna che si converte all’Islam. Una moglie che proprio quando crede di aver finalmente scoperto chi è davvero il marito, lo perde. Una ragazza che decide di perdere la sua verginità con uno sconosciuto…
Ognuno di noi si ritroverà tra le pieghe delle parole dei monologhi di queste donne. O forse sarebbe meglio dire dialoghi? Ci racconteranno i loro amori, che sono come i nostri: perché tutti abbiamo passato anni sotto una veranda ad aspettare le nuvole, conosciuto qualcuno e imparato il suo nome, perduto quando abbiamo capito. Che cosa? Che non c’è niente da capire.
NOTE DI REGIA
I monologhi saranno trattati come vere e proprie confessioni, nel senso etimologico del termine che comprende il concetto di “fiducia”. Il pubblico sarà presente agl’occhi delle donne mentre si spoglieranno raccontando la loro esperienza con l’amore. I finali sorprendenti non devono essere anticipati in alcun modo, l’obiettivo per ogni attrice è preparare il terreno senza che il pubblico se ne accorga, remando apparentemente contro la natura drammatica della maggior parte delle storie.
La scena: una parete movibile, che crea dietro le attrici uno sfondo che ricorda una pagina di libro, con il numero di pagina e parole estrapolate dal testo stesso, significative, ma mai didascaliche o rivelatrici. Il movimento circolare di questa parete dovrebbe richiamare lo sfogliare delle pagine di un libro, quello della vita di una donna, del suo percorso, non sempre di crescita. Sei cubi, da cui verranno fuori oggetti che aiuteranno a contestualizzare il momento in cui i personaggi si stanno raccontando e che si muoveranno tra il presente del racconto e il passato dell’accaduto. Presenti in modo ogni volta diverso saranno le paia di scarpe da donna, a definire un dettaglio del carattere delle le protagoniste del racconto. Put in my shoes!... dicono gli inglesi.
Per contrasto alla grande umanità, diretta e semplice, delle confessioni gli inserti cantati dovrebbero rappresentare degli a parte, in cui donne di spettacolo, algide, forti e potenti cantano storie d’amore al femminile, come se le vicende cantate non le riguardassero; con l’evoluzione della canzone stessa colmeranno questa distanza fino ad arrivare all’identificazione completa e precisa con le parole e i pensieri della donna di cui stanno cantando.
di Gabriele Romagnoli regia Gabriele Colferai
SINOSSI Nuoce gravemente alla salute. Provoca dipendenza. Finisce in fumo, avvocati, rancore o, peggio ancora, nostalgia. Si faccia avanti chi conosce un’alternativa al Vizio Dell’Amore.
Nove donne, nove storie, nove frammenti di vita al femminile. Una professoressa dalla vita perfetta che all’improvviso decide di ricominciare daccapo. Una donna che si converte all’Islam. Una moglie che proprio quando crede di aver finalmente scoperto chi è davvero il marito, lo perde. Una ragazza che decide di perdere la sua verginità con uno sconosciuto…
Ognuno di noi si ritroverà tra le pieghe delle parole dei monologhi di queste donne. O forse sarebbe meglio dire dialoghi? Ci racconteranno i loro amori, che sono come i nostri: perché tutti abbiamo passato anni sotto una veranda ad aspettare le nuvole, conosciuto qualcuno e imparato il suo nome, perduto quando abbiamo capito. Che cosa? Che non c’è niente da capire.
NOTE DI REGIA
I monologhi saranno trattati come vere e proprie confessioni, nel senso etimologico del termine che comprende il concetto di “fiducia”. Il pubblico sarà presente agl’occhi delle donne mentre si spoglieranno raccontando la loro esperienza con l’amore. I finali sorprendenti non devono essere anticipati in alcun modo, l’obiettivo per ogni attrice è preparare il terreno senza che il pubblico se ne accorga, remando apparentemente contro la natura drammatica della maggior parte delle storie.
La scena: una parete movibile, che crea dietro le attrici uno sfondo che ricorda una pagina di libro, con il numero di pagina e parole estrapolate dal testo stesso, significative, ma mai didascaliche o rivelatrici. Il movimento circolare di questa parete dovrebbe richiamare lo sfogliare delle pagine di un libro, quello della vita di una donna, del suo percorso, non sempre di crescita. Sei cubi, da cui verranno fuori oggetti che aiuteranno a contestualizzare il momento in cui i personaggi si stanno raccontando e che si muoveranno tra il presente del racconto e il passato dell’accaduto. Presenti in modo ogni volta diverso saranno le paia di scarpe da donna, a definire un dettaglio del carattere delle le protagoniste del racconto. Put in my shoes!... dicono gli inglesi.
Per contrasto alla grande umanità, diretta e semplice, delle confessioni gli inserti cantati dovrebbero rappresentare degli a parte, in cui donne di spettacolo, algide, forti e potenti cantano storie d’amore al femminile, come se le vicende cantate non le riguardassero; con l’evoluzione della canzone stessa colmeranno questa distanza fino ad arrivare all’identificazione completa e precisa con le parole e i pensieri della donna di cui stanno cantando.
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