Autobiografia definitiva di uno che ha una vita davanti.
Di uno che studiava a Roma e quando a Natale scendeva nell’isola, dopo l’eterno tumultuoso viaggio in cuccetta arrivava al bar pasticceria della stazione centrale di Palermo, il “Sicilristoro” che ora c’hanno fatto un MacDonald’s. Di uno che godeva di gelati e arancine solo dopo aver combattuto contro gli infingardi sarcastici camerieri e baristi siciliani, razza antropologica a sé stante, che bisognerebbe farci degli studi. Di uno che vedeva periodicamente la sua prima donna affiorare come una falda acquifera negli anni a venire. Solo nella mente, dal silenzio, come un mito moderno. Di uno che odia gli animali tranne i pesci rossi, che odia il jazz tranne Miles Davis. Di uno che da bambino ha divorato primo e secondo canale con papà, che gli presentava cantanti, attori, calciatori e politici, come se fosse Pippo Baudo. Di un papà che si era inventato una tecnica irresistibile per raccontare le cose. E che sapeva fare benissimo Domenico Modugno.
È un percorso a ritroso nel tempo in forma di monologo. Storie private accadute, “Fatto Vero!” come si dice da noi quando si comincia un racconto reale. Storie di famiglia, di sapori lasciati, di identità da costruire, di giovani “fuorisede”, quelli che a diciott’anni partono per il continente non più per le fabbriche, ma per le università, non più con le valigie di cartone, ma coi trolley, che però, esattamente come quelli di quarant’anni fa, hanno fame di calore e amore. Un racconto che si guarda alle spalle e si ride addosso. Che non ha vergogna della verità: che senza un po’ di tenerezza si corre il rischio di rimanere tristi.
Sono anni che racconto le mie storie. Dopo lo spettacolo, a cena. Agli amici, s’intende, perché sono storie private. Anche se non del tutto. E spesso mi chiedono di raccontarle ancora e addirittura di raccontarle a chi non conosco. Agli sconosciuti? Sì, mi dicono, perché le tue storie sono quelle di tutti. Così nasce il mio progetto. Condivido i miei ricordi, i miei incidenti, i miei inciampi e un filo rosso che li lega e che lega me a chi mi ascolta.
È sorprendente come la vita possa essere così comica. Forse è questo che trascina i miei ricordi.
Mi viene voglia di mettere in ordine, drammaturgico e scenico, questo mio personalissimo repertorio umano. Sono da solo, ma poi in fondo non è mica vero: tutto ciò è il frutto, forse non ancora maturo, di tutti quelli che hanno avuto la bontà e la voglia di starmi ad ascoltare negli ultimi anni. È un percorso che parte da lontano, che piano piano si arricchisce e aumenta di peso. C’è una stesura, mai definitiva, soggetta a mutamenti che possono avvenire, durante le mie riletture o le mie prove. Da solo e con la gente di cui mi fido. A volte sperimento parte dei miei racconti davanti a gente conosciuta la sera stessa, completamente ignara che questo possa diventare domani uno spettacolo, così, per vedere l’effetto che fa. Non è del tutto inutile.
Quello che immagino è una scena semplice, un tavolo, due, tre sedie, qualche lampada dal soffitto, una cucina. Abitabile. Verso sera. Dopo cena. Così nasce quello che ho urgenza di confidare. C’è il vino e le molliche sulla tovaglia, ci sono le canzoni e il vento fuori. Se rimanete ancora un po’ vi apro un’altra bottiglia e vi dico come va a finire. (Rosario Lisma)
Teatro della Cooperativa (14/23 novembre 2014)
ORARI: feriali h. 20.45 e festivo ore 16 – riposo giovedì
PREZZI: intero 18 € - ridotti 13/9 €
www.teatrodellacooperativa.it - Via Hermada 8, Milano – tel. 02.64749997
da venerdì 14 a domenica 23 novembre 2014 – al Teatro della Cooperativa di Milano
produzione Jacovacci e Busacca
CHE GUSTI CI SONO
di con e regia Rosario Lisma
Di uno che studiava a Roma e quando a Natale scendeva nell’isola, dopo l’eterno tumultuoso viaggio in cuccetta arrivava al bar pasticceria della stazione centrale di Palermo, il “Sicilristoro” che ora c’hanno fatto un MacDonald’s. Di uno che godeva di gelati e arancine solo dopo aver combattuto contro gli infingardi sarcastici camerieri e baristi siciliani, razza antropologica a sé stante, che bisognerebbe farci degli studi. Di uno che vedeva periodicamente la sua prima donna affiorare come una falda acquifera negli anni a venire. Solo nella mente, dal silenzio, come un mito moderno. Di uno che odia gli animali tranne i pesci rossi, che odia il jazz tranne Miles Davis. Di uno che da bambino ha divorato primo e secondo canale con papà, che gli presentava cantanti, attori, calciatori e politici, come se fosse Pippo Baudo. Di un papà che si era inventato una tecnica irresistibile per raccontare le cose. E che sapeva fare benissimo Domenico Modugno.
È un percorso a ritroso nel tempo in forma di monologo. Storie private accadute, “Fatto Vero!” come si dice da noi quando si comincia un racconto reale. Storie di famiglia, di sapori lasciati, di identità da costruire, di giovani “fuorisede”, quelli che a diciott’anni partono per il continente non più per le fabbriche, ma per le università, non più con le valigie di cartone, ma coi trolley, che però, esattamente come quelli di quarant’anni fa, hanno fame di calore e amore. Un racconto che si guarda alle spalle e si ride addosso. Che non ha vergogna della verità: che senza un po’ di tenerezza si corre il rischio di rimanere tristi.
Sono anni che racconto le mie storie. Dopo lo spettacolo, a cena. Agli amici, s’intende, perché sono storie private. Anche se non del tutto. E spesso mi chiedono di raccontarle ancora e addirittura di raccontarle a chi non conosco. Agli sconosciuti? Sì, mi dicono, perché le tue storie sono quelle di tutti. Così nasce il mio progetto. Condivido i miei ricordi, i miei incidenti, i miei inciampi e un filo rosso che li lega e che lega me a chi mi ascolta.
È sorprendente come la vita possa essere così comica. Forse è questo che trascina i miei ricordi.
Mi viene voglia di mettere in ordine, drammaturgico e scenico, questo mio personalissimo repertorio umano. Sono da solo, ma poi in fondo non è mica vero: tutto ciò è il frutto, forse non ancora maturo, di tutti quelli che hanno avuto la bontà e la voglia di starmi ad ascoltare negli ultimi anni. È un percorso che parte da lontano, che piano piano si arricchisce e aumenta di peso. C’è una stesura, mai definitiva, soggetta a mutamenti che possono avvenire, durante le mie riletture o le mie prove. Da solo e con la gente di cui mi fido. A volte sperimento parte dei miei racconti davanti a gente conosciuta la sera stessa, completamente ignara che questo possa diventare domani uno spettacolo, così, per vedere l’effetto che fa. Non è del tutto inutile.
Quello che immagino è una scena semplice, un tavolo, due, tre sedie, qualche lampada dal soffitto, una cucina. Abitabile. Verso sera. Dopo cena. Così nasce quello che ho urgenza di confidare. C’è il vino e le molliche sulla tovaglia, ci sono le canzoni e il vento fuori. Se rimanete ancora un po’ vi apro un’altra bottiglia e vi dico come va a finire. (Rosario Lisma)
Teatro della Cooperativa (14/23 novembre 2014)
ORARI: feriali h. 20.45 e festivo ore 16 – riposo giovedì
PREZZI: intero 18 € - ridotti 13/9 €
www.teatrodellacooperativa.it - Via Hermada 8, Milano – tel. 02.64749997
da venerdì 14 a domenica 23 novembre 2014 – al Teatro della Cooperativa di Milano
produzione Jacovacci e Busacca
CHE GUSTI CI SONO
di con e regia Rosario Lisma
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