Dopo aver conquistato pubblico e critica in due anni di ininterrotta tournée, arriva finalmente a Roma “Vorrei essere figlio di un uomo felice”, spettacolo di e con Gioele Dix che sarà in scena alla Sala Umberto dal 2 al 5 aprile 2020.
Prendendo spunto dalla potente e simbolica vicenda di Telemaco, figlio di Ulisse, Gioele Dix costruisce uno spettacolo di grande spessore teatrale, in bilico costante fra suggestioni letterarie e irruzioni nel quotidiano. In “Vorrei essere figlio di un uomo felice” Gioele Dix, alla maniera dell’ineffabile Penelope, tesse e disfa la tela dei suoi ragionamenti e pensieri in una riuscita contaminazione fra alto e basso, che è diventata negli anni la sua inconfondibile cifra stilistica.
Con la sua affilata ironia, pescando sia dagli autori più amati (Paul Auster, Milan Kundera, il poeta greco contemporaneo Ghiannis Ritsos) che da molti ricordi personali, Gioele Dix disegna un ritratto commosso, a tratti esilarante, di padri e figli e dei loro complicati, controversi, zoppicanti rapporti d’affetto e d’amore.
“Vorrei essere figlio di un uomo felice” confessa Telemaco, figlio dell’eroe omerico, nel primo canto dell’Odissea. Parole che rivelano quanto sia consapevole del legame indissolubile fra il proprio destino e quello del padre. Ed è sempre stato così per tutti, o quasi. Il giovane principe di Itaca è dunque l’emblema dei tanti figli ai quali è toccato fare i conti, nel bene e nel male, con un’impegnativa eredità.
Ispirato dalla dea Atena, Telemaco parte per un viaggio alla ricerca dell’eroico padre Odisseo, del quale ha atteso fin dalla nascita il ritorno perché lo guidasse e lo proteggesse. Dopo un lungo peregrinare, al sedicesimo canto i due finalmente si ricongiungeranno e il loro incontro si consumerà fra le lacrime. Un tenero abbraccio che spazzerà via nuvole e incomprensioni.
“Vorrei essere figlio di un uomo felice” commuove e stimola, diverte e fa riflettere.
Centralino operativo per info e prenotazioni.
Prendendo spunto dalla potente e simbolica vicenda di Telemaco, figlio di Ulisse, Gioele Dix costruisce uno spettacolo di grande spessore teatrale, in bilico costante fra suggestioni letterarie e irruzioni nel quotidiano. In “Vorrei essere figlio di un uomo felice” Gioele Dix, alla maniera dell’ineffabile Penelope, tesse e disfa la tela dei suoi ragionamenti e pensieri in una riuscita contaminazione fra alto e basso, che è diventata negli anni la sua inconfondibile cifra stilistica.
Con la sua affilata ironia, pescando sia dagli autori più amati (Paul Auster, Milan Kundera, il poeta greco contemporaneo Ghiannis Ritsos) che da molti ricordi personali, Gioele Dix disegna un ritratto commosso, a tratti esilarante, di padri e figli e dei loro complicati, controversi, zoppicanti rapporti d’affetto e d’amore.
“Vorrei essere figlio di un uomo felice” confessa Telemaco, figlio dell’eroe omerico, nel primo canto dell’Odissea. Parole che rivelano quanto sia consapevole del legame indissolubile fra il proprio destino e quello del padre. Ed è sempre stato così per tutti, o quasi. Il giovane principe di Itaca è dunque l’emblema dei tanti figli ai quali è toccato fare i conti, nel bene e nel male, con un’impegnativa eredità.
Ispirato dalla dea Atena, Telemaco parte per un viaggio alla ricerca dell’eroico padre Odisseo, del quale ha atteso fin dalla nascita il ritorno perché lo guidasse e lo proteggesse. Dopo un lungo peregrinare, al sedicesimo canto i due finalmente si ricongiungeranno e il loro incontro si consumerà fra le lacrime. Un tenero abbraccio che spazzerà via nuvole e incomprensioni.
“Vorrei essere figlio di un uomo felice” commuove e stimola, diverte e fa riflettere.
NOTE
DI REGIA
L’Odissea
del figlio di Ulisse, ovvero come crescere con un padre lontano
All’inizio
dell’Odissea, Ulisse è assente e lontano. A Itaca nessuno sa se
l’eroe sia ancora vivo, e dunque se farà mai ritorno. Persino fra
le vette dell’Olimpo regna l’incertezza e gli dei discutono fra
loro sulla sua sorte.
Omero,
come il più navigato degli sceneggiatori, sceglie di ritardare
l’entrata in scena del suo primo attore. E con lui, l’apparizione
di personaggi e avvenimenti strabilianti che renderanno
indimenticabile il suo lungo viaggio verso casa: la maga Circe, il
ciclope Polifemo, il canto delle Sirene, la discesa nell’Ade, gli
incantesimi della dea Calipso. Tutto accadrà – o meglio, verrà
rievocato da Ulisse in una sorta di lungo flashback – dal quinto
canto in poi.
È
forse per questo motivo che i primi quattro canti dell’Odissea sono
meno conosciuti e frequentati. Eppure vi si racconta di un altro
viaggio, meno spettacolare, ma altrettanto determinante: quello del
figlio di Ulisse alla ricerca del padre.
Telemaco
parte da Itaca sulle tracce dell’illustre e ingombrante genitore
che non ha mai conosciuto, in un tortuoso itinerario per mare e per
terra fitto di incontri rivelatori. E quando i due finalmente si
incontreranno, l’eroe, invecchiato e sfiancato da una guerra
inutile, abbraccerà felice il giovane uomo cui cedere il suo
scettro.
“Invitato
anni fa a partecipare a un progetto di lettura e commento
dell’Odissea, scelsi i primi quattro canti, affascinato dalla
storia del ragazzo che soffre per via di un padre assente e al tempo
stesso ingombrante. Nel tempo, approfondendo, elaborando e spesso
scrivendo “in scena”, mi sono ritrovato fra le mani uno
spettacolo che mi rappresenta alla perfezione. Un ingaggio autorevole
ed elevato, quale è l’immortale poema, mi permette di spaziare fra
serietà e sberleffi.
Il
teatro per me è questo: radici lontane e orecchie aperte sul
presente, sempre.”
“Ho
cominciato questo spettacolo quando mio padre era ancora vivo.
Evocavo il nostro rapporto altalenante, lui così razionale, un po’
difensivo, io da sempre preoccupato di non deluderlo. Raccontavo
quanto ci volevamo bene senza quasi mai dimostrarcelo. Ero sincero ma
spavaldo, come chi si senta ben ancorato a terra. Ora papà se n’è
andato e la prospettiva si è rovesciata. Sono finito gambe all’aria.
Ripenso ai nostri silenzi e a tutte le parole che avremmo ancora
potuto dirci. Tutte le sere dedico lo spettacolo a lui e tutti
i padri ormai troppo lontani. Non sono serate tristi, al contrario,
perché il mio lo immagino ridere di come faceva con Charlie Chaplin.
So
che non posso reggere il paragone, ma so anche che un sorriso
benevolo a un figlio non si nega mai.”
Gioele
DIX
Vorrei
essere figlio di un uomo felice
Giovedì
2 - h.21.00
Venerdì
3 aprile - h.21.00
Sabato 4 aprile - h.21.00
Domenica 5 aprile - h.17.00
Sabato 4 aprile - h.21.00
Domenica 5 aprile - h.17.00
Biglietteria:Via
della Mercede 50 – 00187 Roma
martedì-venerdì
h. 12:00/19:00
sabato h 14:00/19:00
domenica h 14:00/18:00
sabato h 14:00/19:00
domenica h 14:00/18:00
Lunedì
chiuso con centralino operativo.
La biglietteria, dopo le 19, resterà aperta fino ad inizio spettacolo per le operazioni riguardanti lo stesso.
La biglietteria, dopo le 19, resterà aperta fino ad inizio spettacolo per le operazioni riguardanti lo stesso.
Centralino operativo per info e prenotazioni.
tel 06 6794753 /
whatsapp 3459409718
lunedì-venerdì
h. 12:00/19:00
sabato h 14:00/19:00
domenica h 14:00/18:00
sabato h 14:00/19:00
domenica h 14:00/18:00
Biglietteria
online su: www.ticketone.it
Poltronissima:
€ 24,50 + 3,50
Poltrona:
€ 22,00+ 3,00
I
Balconata: € 18,50+2,50
II
Balconata: € 15,00+ 2,00
Durata
1 ora e 40
minuti
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