Dal 16 al 18 gennaio 2017
Sala Uno Teatro
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UNA STORIA FINITA BENE
La notte nella Shoà.di
Calderoni - Douani-Simeoli
con
Simone Douani
Valeria Monetti
Anna Elena Pepe
Daniele Derogatis
Daniele Derogatis
Fulvio Calderoni
Serena Allegrucci
ed i Bambini Danilo Frattali e Leonardo Eleuteri
Supervisione Liriche Piero Di Blasio
musiche Fabrizio Bondi
regia Marco Simeoli
Sinossi:
Il tema dell’ Olocausto, attraverso gli occhi di un bambino, non è né edulcorato, né svuotato del suo senso più tragico. Al contrario, non viene mai meno il senso profondo del dolore ed il rispetto per chi ha vissuto un’esperienza tanto assurda quanto agghiacciante.
Questo spettacolo offre, inoltre, allo spettatore la possibilità di, letteralmente, entrare all’interno della tradizione ebraica e si propone, quindi, quale viatico reale per meglio comprendere le differenze e, quindi, superarle.
Al tema della memoria, mai abbastanza “abusato” perché senza memoria non sarebbe possibile impedire il ripetersi di certe sciagure storiche, si aggiunge in questa piece il confronto tra religione e generazioni, tra fede e razionalità. Per non dimenticare, dunque, ma anche per interrogarsi.
Note di regia.
Una storia finita bene…una storia da raccontare…una storia con cui emozionare ed emozionarci…una di quelle storie suggerite dalla vita stessa, che in alcuni casi, come in questo, supera di gran lunga, purtroppo, la fantasia e l’ingegno del più grande drammaturgo.E’ una microstoria della più grande tragedia vissuta nel secolo scorso che già tante rappresentazioni l’hanno raccontata sia al cinema che in teatro: la Shoah.Una microstoria che come il titolo suggerisce “finisce bene” almeno per un componente della famiglia la cui storia si racconta…a differenza invece della terribile sorte che ha riguardato più di sei milioni di ebrei in tutto il mondo.
Come si racconta una storia così?...quale l’atteggiamento da assumere da regista di una storia che riguarda tutti noi esseri umani ma che abbiamo avuto modo di conoscere solo attraverso racconti letture testimonianze film documentari ed altro, devo dire in maniera onnivora per quanto mi riguarda in quanto, e il motivo ancora ad oggi non so spiegarmelo, è stata una vicenda che mi ha interessato colpito e preso sin dall’adolescenza con immagini che mi tornano alla mente anche nei momenti meno sospetti e stimolati.
Mah…forse perché prima o poi mi sarei trovato a raccontarla come in questo caso?...mi piace pensarla così sperando che le esperienze provate mi aiutino e mi sorreggano in questa nuova ed impegnativa avventura.
Ecco quindi la voglia di trattare questa storia e i personaggi della famiglia Mieli ovvero papà Elio mamma Rebecca e i figli Rachele e David con amore delicatezza e cura…in ogni loro sguardo in ogni loro movimento e in ogni parola pronunciata nel tentativo di far arrivare prima tutto il loro sforzo iniziale di rendere leggero, forse con un celato e amaro sorriso, un passaggio difficile legato al figlio David e in un secondo tempo tutto il dramma che scopriremo nell’epilogo.
A far da contorno al nucleo familiare il professor Pierfederici e la studentessa Sonia contraltare temporale, li troviamo negli anni ’80 all’Università con un piacevole e sorprendente incontro…che rappresenta il “bene” contenuto nel titolo della nostra opera.
Marco Simeoli.
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ed i Bambini Danilo Frattali e Leonardo Eleuteri
Supervisione Liriche Piero Di Blasio
musiche Fabrizio Bondi
regia Marco Simeoli
Sinossi:
Il tema dell’ Olocausto, attraverso gli occhi di un bambino, non è né edulcorato, né svuotato del suo senso più tragico. Al contrario, non viene mai meno il senso profondo del dolore ed il rispetto per chi ha vissuto un’esperienza tanto assurda quanto agghiacciante.
Questo spettacolo offre, inoltre, allo spettatore la possibilità di, letteralmente, entrare all’interno della tradizione ebraica e si propone, quindi, quale viatico reale per meglio comprendere le differenze e, quindi, superarle.
Al tema della memoria, mai abbastanza “abusato” perché senza memoria non sarebbe possibile impedire il ripetersi di certe sciagure storiche, si aggiunge in questa piece il confronto tra religione e generazioni, tra fede e razionalità. Per non dimenticare, dunque, ma anche per interrogarsi.
Note di regia.
Una storia finita bene…una storia da raccontare…una storia con cui emozionare ed emozionarci…una di quelle storie suggerite dalla vita stessa, che in alcuni casi, come in questo, supera di gran lunga, purtroppo, la fantasia e l’ingegno del più grande drammaturgo.E’ una microstoria della più grande tragedia vissuta nel secolo scorso che già tante rappresentazioni l’hanno raccontata sia al cinema che in teatro: la Shoah.Una microstoria che come il titolo suggerisce “finisce bene” almeno per un componente della famiglia la cui storia si racconta…a differenza invece della terribile sorte che ha riguardato più di sei milioni di ebrei in tutto il mondo.
Come si racconta una storia così?...quale l’atteggiamento da assumere da regista di una storia che riguarda tutti noi esseri umani ma che abbiamo avuto modo di conoscere solo attraverso racconti letture testimonianze film documentari ed altro, devo dire in maniera onnivora per quanto mi riguarda in quanto, e il motivo ancora ad oggi non so spiegarmelo, è stata una vicenda che mi ha interessato colpito e preso sin dall’adolescenza con immagini che mi tornano alla mente anche nei momenti meno sospetti e stimolati.
Mah…forse perché prima o poi mi sarei trovato a raccontarla come in questo caso?...mi piace pensarla così sperando che le esperienze provate mi aiutino e mi sorreggano in questa nuova ed impegnativa avventura.
Ecco quindi la voglia di trattare questa storia e i personaggi della famiglia Mieli ovvero papà Elio mamma Rebecca e i figli Rachele e David con amore delicatezza e cura…in ogni loro sguardo in ogni loro movimento e in ogni parola pronunciata nel tentativo di far arrivare prima tutto il loro sforzo iniziale di rendere leggero, forse con un celato e amaro sorriso, un passaggio difficile legato al figlio David e in un secondo tempo tutto il dramma che scopriremo nell’epilogo.
A far da contorno al nucleo familiare il professor Pierfederici e la studentessa Sonia contraltare temporale, li troviamo negli anni ’80 all’Università con un piacevole e sorprendente incontro…che rappresenta il “bene” contenuto nel titolo della nostra opera.
Marco Simeoli.
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