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RUMOROSO SILENZIO - In Prima Milanese al Teatro Out Off

Dopo il successo delle prime date di lancio Rumoroso silenzio, "la maledizione dell'uomo è che dimentica" arriva a Milano Teatro Out Off Stabile di innovazione il 26, 27 28 settembre alle ore 21.00.

Un raro progetto civile è Rumoroso silenzio, la dimostrazione che il talento probabilmente premia a maggior ragione se si parla di tabù come in questo caso delle genti di Istria Fiume e Dalmazia.
Teatro Nuovo Bergamo è Fondato tra gli anni 2011/2012 da Luca Andreini resta uno dei percorsi più esposti al pubblico e più giovani a livello indipendente sul territorio, inizialmente, di Bergamo.


Un progetto che concretizza le forme sceniche dando vita ad un linguaggio che parte dalla prosa e si sposa con la danza, con l'attore e il suo strumento - qualsiasi esso sia - con la musica come soprammobile e il canto in teatri e luoghi dismessi o padroni di magia per il bello, il classico e il civile.


Con Rumoroso Silenzio, definito evento sociale di questo 2016 l'esodo istriano torna in primo piano salpando per la penisola con regia e testo di Luca Andreini, dalla storia lavorativa precoce che fan ben sperare (19),imprenditore, ufficio stampa e fondatore inizialmente di se stesso.

La critica lo vede esasperato, visionario e ponderato tra narrazione e figura, grazie a questa esasperazione una migliore comprensione risulta essere per il circuito del teatro ragazzi dove la produzione sta cercando di portare il lavoro, mai dimentichiamoci che TNB è a tutti gli effetti organismo indipendente.

Un progetto di ricerca storica abbinata ad una ricerca teatrale lo definisce Andreini soddisfatto che commentando i numeri alla mano risulta essere soddisfatto del lavoro di ricerca del lato paradossalmente astratto della tematica storica trattata.

In collaborazione con Fondazione Della Comunità Bergamasca,Fondazione ASM e Camera di Commercio di Bergamo, Provincia di Bergamo e Federesuli lo spettacolo sbarca all'OUT OFF in tre serate.

Biglietti:

Da lunedì a venerdì dalle 11 alle 13 (Teatro Ouf Off, via Mach Mahon 16, MI)
Online qui: http://www.teatrooutoff.it/

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“RUMOROSO SILENZIO” 
la maledizione dell’uomo è che dimentica

Progetto su scala nazionale Scritto e diretto da LUCA ANDREINI

Con EMILIO CATELLANI ANDREA SALIERNO MICHELE ULIVIERI GIANLUCA PIRETTI ELISA GIORGIO BENEDETTA BIFFI OTTAVIA SANFILIPPO CLARA CONTI 

Danzatori: JENNIFER RAVASIO e DANIELA LECCHI 
Musicante di scena: CHRISTIAN PAGANELLI 

Dati temporali: L’opera si svolge su due piani temporali: presente e passato.Scelte di regia renderanno chiari questi passaggi. Ci troviamo in uno dei magazzini del porto vecchio di Trieste dove sono raccolte le masserizie degli esuli dalla strage delle foibe. Da qui verranno evocate persone e spazi (non naturalistici). Lo spettacolo ha una durata di 1.30h e si svolge in due giorni del dicembre del 1947. 

TRAMA “Un ragazzo, in gita con la classe, attratto nell’antro di uno dei magazzini del Porto Vecchio di Trieste, si stacca dal gruppo fino a perdersi. In un clima surreale e fantasmagorico di polveri e lenzuola, ode sibilare un misterioso vento, che si fa voce di ricordi atroci sopiti dalla politica del “guai ai vinti”. E’ la memoria collettiva di un popolo. Gli Italiani, vittime acerbe di una pulizia etnica che, in Istria-Dalmazia, pare ormai cronaca ricorrente. Cambia bandiera la nazione, ma la falce della morte è la stessa ovunque. 

Ecco allora che, come sogni o colpi di magia, prendono forma dalle cose le romantiche e tragiche vite di Ferdinando e Norma, giovani Italiani, erroneamente etichettati come fascisti in una squallida e ignobile equazione senza senso. Le vite dei due giovani amanti si fondono con lo scorrere di quei giorni rossi di sangue, neri di morte. Tra amicizie adolescenziali, conoscenze fidate, nemici improvvisi, correnti di pensiero rimbalzate tra chi scappa, chi resta, chi lotta, confluite univocamente nella morte, intesa come perdita: della propria vita, della propria nazionalità, della propria identità, delle proprie cose, delle proprie case. Qualsiasi cosa scegli, qualcosa perderai. 

In questo quadro, Ferdinando e Norma cercano disperatamente si salvare il loro amore, la loro giovinezza, loro italianità, per coronare il sogno di un figlio e della pace. Si balla, ora a passo di risa, ora a passo di lacrime. Una speranza mai doma, folle e coraggiosa, lucida e vigliacca. Voci narranti fuori dal tempo svelano le scomode verità nascoste nelle buche della terra Istriana, negli abissi offuscati di una storia impari e una coscienza volubile. Tiriamo fuori dalla foiba i corpi, che possano parlare, che possano 

IMPULSO Una storia differente, e non nuova, in un contesto così necessario di essere raccontato che non ha bisogno di molti stravolgimenti se non quello della poesia e dell’estro dei teatranti. “Rumuroso silenzio” nasce da un lavoro introspettivo alla ricerca delle radici portanti della tematica storica trattata. 

Già in fase embrionale si è scoperto, mediante dei laboratori e lezioni di ricerca, che l’impulso registico proveniva da angoli nascosti e mai sfiorati da parte dei cani della ragione e da spifferi d’aria nelle interiora: perdita e ricostruzione di identità sono stati l’incipit per affondare, e non riemergere, da una scoperta attorno ai tasti dolenti dello scrittore/regista che si sono rivelati poi oggetto di forte attualizzazione e chiave di lettura per un prodotto Differente in grado, probabilmente, di regalare allo spettatore tutto il contrario di ciò che si aspetta, fortunatamente. 

Partendo dalle idee di scena lo specchio d’acqua intrapreso si è rivelato un abisso mai esplorato da nessuno, o da pochi, e pezzo dopo pezzo si è arrivati ad associare l’identità sopra citata a un perverso nascondimento, legato da un filo trasparente e quasi impercettibile alla menzogna e netto ponte di passaggio tra uno scoglio ed un altro per arrivare alla vergogna e all’umiliazione. 

In una seconda fase del lavoro, dopo tre drastiche distruzioni del testo di partenza, l’analisi drammaturgia si è concentrata sulla declinazione dei precedenti risultati sviscerandoli e lavorando attraverso tempeste di cervelli a doppia faccia, da un lato le parole grezze e dall’altro le idee di trasposizione delle parole stesse in campo teatrale, azione banale e pragmatica che ha deciso, dopo un periodo di stallo con poco ossigeno a 60 metri di profondità, gli scenari in grado di rendere al meglio ciò che si era trovato tra i coralli della mente. 

Dai temi prima elencanti, mediante una terza fase di lavoro con gli attori, si è riusciti a riassumere la perdita di identità, il nascondimento e la vergogna in un processo di evocazione di persone e personaggi tramite gli oggetti, le masserizie degli esuli, oggetti di vita quotidiana che sono stati la fase di arrivo e non quella di partenza per andare ad aggiungere alle parole chiave il concetto di famiglia. 

Attraverso queste prime tre fasi, fatte di tavole rotonde e pomeriggi a far l’amore con il palcoscenico e le tazze di caffè, si è dato un ritmo, un senso antiorario e contro corrente al testo e alle idee di regia successivamente emerse e sempre in fase di metamorfosi, segnando su partitura tempistiche svelte, dai dialoghi veloci e bastardi, senza scrupoli ma con diversi accessi tanto da creare dei “sotto temi” non solo, come è giusto che sia, tra le righe ma ancora nascosti al regista stesso. 

La drammaturgia segue le logiche del: “Chi ha da dire qualcosa parli ora o taccia per sempre” e in una fase dove la parola sta sempre più perdendo di valore, davanti alla crescita esponenziale della potenza delle arti visive, la pulizia dei dialoghi è l’obbiettivo base da perseguire fino allo sfinimento nel provare una coralità che finirà per spogliarsi. Nonostante ciò questo lavoro continua a funzionare, in parte, a fotografie, a scatti di ordinarietà messi in ordine e ricomposti. 

Da ciò che qui è stato descritto si intuisce, in maniera errata, che i processi di formazione e di ricerca dell’impulso siano stati soggetti ad un metodo antico come quello della pazienza, della meticolosità e dalla concentrazione in un punto invece no, si è partiti con un geniale (secondo Baricco) sdoganamento di una caratteristica considerata sinonimo di imbecillità: la superficialità ottenuta grazie alla velocità nella ricerca grazie alla nuova grammatica dei giorni nostri che vuole guardare dritta al futuro, no al progresso e no al nuovo, ma si futuro. 

“Rumoroso silenzio” è suoni, una caccia al tesoro bambina alla scoperta di atmosfere sincere e quasi fiabesche in quello che sarà un salto al passato. Non è un lavoro che non parla o che non vuole far parlare, fa star male finché non riesce a trovare l’ultimo, ma anche il primo, tema di partenza, il medicinale contro ogni male ricorrente: un senso di rappacificazione con il proprio passato. 

Il prodotto parte da un’idea teatrale di stampo “Grotowski” che mette al centro di questo curato simbolismo che emerge tra le righe il movimento. Una vicenda “vecchia” interpretata da persone giovani, in questa dissonanza piacevole che ha un non so che di rivoluzionario, o quasi. Perdita e ricostruzione di identità, perverso nascondimento, menzogna, vergogna ed umiliazione, famiglia, ricordo e senso di rappacificazione con il proprio passato danno vita così alla storia che, in breve, leggerete qui sotto e che del tutto non spiega, volutamente, addirittura parti fondamentali del testo che le tiene come contorno prima delle portate principali. 

Architettura, l’opera non perde mai di vista disegni architettonici ed effetti semplici basati su principi registi e gusto geometrico, con significato. La spiegazione del titolo non vi deve essere, pare chiara e se ancora non lo fosse lo scopo è quella di renderla nota al pubblico nel finale di spettacolo. Linguaggio: il lessico utilizzato nel testo è spietato, non concede sconti a nessuno, nemmeno ai personaggi stessi ancor prima che ai destinatari dell’amara ironia perente tra una vocale e l’altra. 

Ogni personaggio porta con se un bagaglio di parole simili, i personaggi che compiono il loro teatro al passato vomitano parole più auliche, ma sempre ben racchiuse nella loro classe sociale, i personaggi che invece fanno il loro teatro al presente posseggono parole meno altolocate, anche se come termine è fin troppo esagerato, ma sempre raffinate ed inerenti alla propria caratterizzazione. Le parole stesse hanno subito poi diverse modifiche attraverso la concezione di attore adottata nel lavoro: “l’attore non recita... Reagisce”. 

Dalla descrizione, se vogliamo anche approssimativa, dell’impulso, che comunque continuerà ad evolversi fino allo sfinimento di menti e corpi, emerge quanto vi sia anche un fine interno a chi lavora: il voler facilitare complicandosi, fortunatamente, la vita ricostruendo una vicenda e ripulendola con rischi lampanti, da qualsiasi traccia di teatro di narrazione in tal modo di non cadere in una trattazione storica che dovrebbe venire da se con il susseguirsi delle reazioni degli attori. 

Quello che è stato definito scopo interno di sviscera nel voler ricreare da tutti i temi nuovi spunti di riflessione per la società contemporanea che, inconsapevolmente, ancora non conosce e non rivede nell’oggi effettivamente dei tempi di finta pace. Palese ma giusto ricordare che è sempre ben marcato poi il fine generale del gruppo che porta con se obbiettivi ambiziosi che si affacciano su un panorama ampio che non teme la critica e che vuole sempre comunque ricordare, smussando qualsiasi tipo di morale e facendo delle parole i fatti che i giovani sanno fare arte e da essi ne deriva il più prossimo futuro, appropriamocene prendendoci i nostri giusti spazi. 

IL PROGETTO, AMBIZIOSO DI STAMPO NAZIONALE PONE POI AL CENTRO QUALSIASI REALTÁ O CITTÀ OSPITANTE L’EVENTO. LA RETE PUBBLICITARIA HA COME COMPITO LA VALORIZZAZIONE CULTURALE DEL LUOGO E DELLA STRUTTURA E CONSTA DI UNA COPERTURA CONSISTENTE IN TUTTA ITALIA. 

Danzatori di scena: Alcune delle particolarità lampanti di questo lavoro sono rappresentate della presenza di alcuni danzatori e dalle atmosfere ricreate in presa diretta sul palcoscenico. Il teatro danza, tramite dei laboratori condotti dal gruppo, è emerso essere una sorta di tentazione goduriosa nel marcare ancora di più l’evocazione di una storia attraverso un qualsiasi elemento, in questo caso degli oggetti di vita quotidiana. 

Seguendo lo stile tedesco Bausch in colori e coreografie sul palco verranno riportate una sorta di comparse, generate anche qui da un impulso personale di regia, che si occuperanno di rendere si tridimensionale il campo di luce ma anche di dare quella trasversalità elegante ma coerente all’organico generale. La simbiosi che avranno questi artisti, talvolta spinti tra l’acrobazia e la potenza delle arti visive. L’uso del corpo, è fondamentale per i danzatori che porteranno nelle loro performance, ben integrate nel recitato, un uso delle proprie capacità ben radicato nello stile del teatro danza tanto da cadere, a volte, nel mimo più sofisticato. 

Target: La forza di questo contesto, ancor più dopo essere stato rielaborato e scoperto, sta nell’essere rivolto da un pubblico omogeneo che va dai 14/15 anni in su. Scuole: La produzione apre diverse possibilità di portare in scena lo spettacolo in scuole, direttamente con gli istituti o mediante i Provveditorati agli studi delle singole città e Provincia e agli stessi teatri che ne fanno richiesta 

Lo spettacolo parte con un pubblico scolastico che va dalle scuole secondarie di primo grado in sù. -É possibile visionare il lavoro, per chi ne fosse interessato, attraverso l’organizzazione di prove aperte e delle “prove 0” aperte inoltre anche alla stampa e ai direttori artistici. -Sempre la produzione inoltre si occupa di organizzare, se richiesti, incontri di presentazione gratuiti all’interno delle scuole nei giorni precedenti allo spettacolo, in teatro prima e dopo la messa in scena. -Inoltre su richiesta speciale sarà disponibile avere, sempre gratuitamente, degli OPEN DAY in teatro per visionare come viene costruito ll lavoro a livello scenico.

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