COMPAGNIA BOLERO
presentaBagliori d'avanspettacolo
vita morte e miracoli di una compagnia di provincia
di Patrizia Masi
Teatro dell'Orologio - sala Moretti
via dei Filippini 17 a
dal 16 al 20 marzo
ore 21.30 domenica ore 18.30
Debutta il 16 marzo al Teatro dell'Orologio di Roma Bagliori d' Avanspettacolo, vita morte e miracoli di una compagnia di provincia scritto e diretto da Patrizia Masi. In scena, fino al 20 marzo, Mimmo Appetiti, Patrizia Masi, Antonia Petrangeli, Antonella Cappucci, Maddalena Fierro, Lello Somma, Ornella Pennacchioni, Marco Rucci, Monica Ferzi, Simona Dascalu. Ad accompagnare gli attori, oltre al giocoliere Paolo Mele (Lucignolo), l'Orchestrina Gran Bazar che vede Vincenzo De Filippo dirigere Pasquale Lancuba, Luca Cipriano, Andrea Filippucci, Giovanni Campanella.
La storia grottesca di un’onorata compagnia di guitti, in bilico tra lo scoppio della Seconda guerra mondiale e la Liberazione. Lo squarcio di un’epoca, vissuta attraverso i ricordi di un capocomico, che sopravvive all’oblio, ripercorrendo gli anni dell’Avanspettacolo, dei mille stratagemmi per sopravvivere, per procurarsi una scrittura, per coltivare una speranza. Un periodo in cui gli artisti dovevano inventarsi, e mangiare era il raggiungimento del sogno, non nei momenti di fame, ma di voglia di vita. Sacerdote di una funzione che non ha più proseliti, ma che è la chiave per assicurarsi l’eternità, il capocomico fantastica un nuovo debutto, farnetica il successo nell’assoluta mancanza di tutto. Immagina e la realtà è redenta. Arrivano alla spicciolata donnine e gaglioffi di primo pelo, artisti decaduti e orchestrali. Una mostruosa accozzaglia di generi. La monnezza del primo dell’anno. “Ce la faremo, tanto più se ci danno per spacciati. Noi artisti siamo maestri nell'arte di arrangiarci”. Di questa proditoria certezza ci vanno a nozze, per predisposizione, per esperienza, per una leggendaria vocazione al sacro “puttanesimo”. E in effetti, è sempre stato il distintivo del nostro spirito nazionale l’arte di arrangiarsi, che descrive la capacità innovativa e creativa dell’essere artisti. Una metafora dell’Avanspettacolo, cuore pulsante di segreti, miracoli, sogni semplici di quegli anni sgualciti dalla guerra. Cosce-coscione-bambinone, ammiccamenti, promesse audaci, fischi, pernacchie, piume-belletti-sgambetti, reggicalze-reggiseni,a’reggeme-che-casco, saltarelli e swing nostrano. Uno spaccato dei teatrini di provincia degli Anni 40: le scalcinate rappresentazioni, le stazioni, la fame, i torpedoni, il fuggi-fuggi generale, la guerra, che non riuscì mai ad abbattere i sogni di gloria e quella indistruttibile realtà di cartapesta.
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La storia grottesca di un’onorata compagnia di guitti, in bilico tra lo scoppio della Seconda guerra mondiale e la Liberazione. Lo squarcio di un’epoca, vissuta attraverso i ricordi di un capocomico, che sopravvive all’oblio, ripercorrendo gli anni dell’Avanspettacolo, dei mille stratagemmi per sopravvivere, per procurarsi una scrittura, per coltivare una speranza. Un periodo in cui gli artisti dovevano inventarsi, e mangiare era il raggiungimento del sogno, non nei momenti di fame, ma di voglia di vita. Sacerdote di una funzione che non ha più proseliti, ma che è la chiave per assicurarsi l’eternità, il capocomico fantastica un nuovo debutto, farnetica il successo nell’assoluta mancanza di tutto. Immagina e la realtà è redenta. Arrivano alla spicciolata donnine e gaglioffi di primo pelo, artisti decaduti e orchestrali. Una mostruosa accozzaglia di generi. La monnezza del primo dell’anno. “Ce la faremo, tanto più se ci danno per spacciati. Noi artisti siamo maestri nell'arte di arrangiarci”. Di questa proditoria certezza ci vanno a nozze, per predisposizione, per esperienza, per una leggendaria vocazione al sacro “puttanesimo”. E in effetti, è sempre stato il distintivo del nostro spirito nazionale l’arte di arrangiarsi, che descrive la capacità innovativa e creativa dell’essere artisti. Una metafora dell’Avanspettacolo, cuore pulsante di segreti, miracoli, sogni semplici di quegli anni sgualciti dalla guerra. Cosce-coscione-bambinone, ammiccamenti, promesse audaci, fischi, pernacchie, piume-belletti-sgambetti, reggicalze-reggiseni,a’reggeme-che-casco, saltarelli e swing nostrano. Uno spaccato dei teatrini di provincia degli Anni 40: le scalcinate rappresentazioni, le stazioni, la fame, i torpedoni, il fuggi-fuggi generale, la guerra, che non riuscì mai ad abbattere i sogni di gloria e quella indistruttibile realtà di cartapesta.
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Note d’ancien régime – Una terrazza di nuvole e lenzuola in un giorno di bucato. Azioni “sognanti”, ricordi che volano tra le quinte di un passato spiumato, da lavare con la cenere e l’olio di gomito, da inamidare con le bucce di patata. Gli scoppi lontani delle bombe.
I personaggi emergono dal bianco, dall’acqua e soda, dalla cenere. Bagliori, schegge e schizzi. Il racconto è montato come una sequenza di un film d’antan: una serie di ciak di una pellicola rigata, frammenti bruciacchiati dalla luce. Un treno che corre su due binari: il privato e il pubblico; il dietro le quinte e lo spettacolo.
Un mondo ricostruito col cuore in gola, piccoli mezzi, ingenui stratagemmi; impastato di fallimenti, di bisogni urgenti, di stenti. La realtà esterna entra da una finestra da cui s’affaccia immateriale la Storia. Una Compagnia in cui ciascuno s’appartiene. La vita di ogni artista ripiegata nei bauli, pronti ad essere imbarcati non importa dove – che scelga il destino! Una vita a singhiozzi, che aspetta solo d’esser indossata, come s’indpssa uno sparato, un frac, un bustino di lamè, un cappello sulle ventitrè. Una sarabanda di artisti che si dondolano nel vuoto tra apparizioni e cancellazioni. Truffaldini, in fuga, capitati per caso su un palcoscenico arraffato alla sorte. Ex prostitute, eroi, attori scaduti, staffette, contadine, assassine allo sbando. Una sarabanda di maghi improvvisati, bambole fanè, odalische dalle poppe un po’ calè; patetiche prime donne, affette da amnesia, che ambiscono a un "remboursé"; personaggi grotteschi, profeti di se stessi, nei rari acuti di sincerità, alla ricerca di una coscetta di pollo perduto. Una banda in processione di morti di fame, un andante con brio, audace, smargiasso. Una giostra che prende velocità fino a osare un volo obliquo, onirico.
Un migrare perenne da far impallidire gli uccelli. Un vagabondare disperato dentro e fuori se stessi, per “beccar” un applauso, un ”bravo” rubato tra una carrettella, una piroetta e una passata di cerone. Un gran da fare, un brulicare, per riempire le sale. Viaggi inter-provinciali, arrembaggi, miraggi.
In un quadro grottesco, fatto di illusioni e cocenti disillusioni, di piccoli e grandi drammi, di povertà portate nobilmente, spiccano le figure di due attori del Cinema Muto, rimasti a piedi con l’avvento del Sonoro: la danzatrice orientale e il giocoliere, che rifiutano la parola, rimanendo in quel mondo silenzioso e poetico anche sulle assi del teatro.
Scrivo e mi sale un senso di frustrazione. Penso all’ultima scena del funeralone, quando li guitti, sfilando in processione dietro al telo, diventano figurine del teatro delle ombre. Non rimane che la voce: Siamo mai nati? Fu vera gloria o solo arte amatoria? il morto è già morto? E se è morto, lo hanno avvertito? Permettetemi, ma se la catarsi è da farsi, che squillino le trombe dei dannati e che il clangore dei fiati trasformi il pianto in riso, l’amarezza in sberleffo, per esalare in un tango carnale l’ultima battuta dozzinale.
Perché l’Avanspettacolo è morto? Perché ai Signori Artisti hanno succhiato la linfa, hanno spuntato le ali e sputato la carcassa – è storia vecchia e di oggidì. A scanso di equivoci, lo spettacolo è vivo, vivissimo!
Patrizia Masi
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l’Avanspettacolo - “L’Avanspettacolo è il punto d’incontro tra il Circo Massimo e il casino” dice Fellini. Parente povero della Rivista, del Varietè, per i pochi mezzi e la brevità dei numeri, è terreno di sperimentazione, di innovazione continua. Avant-spettacolo: prima dello spettacolo, prima del film. Con l'avvento del Sonoro proliferano le sale cinematografiche; per attirare il pubblico, molti impresari allestiscono un gustoso intrattenimento d’arte varia tra una proiezione e l’altra, fatto di gag, macchiette, balletti, numeri comici con bonari doppi sensi. Le Compagnie ingaggiate a due soldi si compongono di un comico, una spalla, una soubrette, un fantasista, un macchiettista, un corpo di ballo raffazzonato e, se il budget lo permette, qualche numero speciale. Il pubblico è sovrano: chi scende nella fossa dei leoni e resiste ai suoi “assalti” è un eroe in grado di affrontare qualsiasi situazione. Nelle fumose sale cinematografiche di periferia si consuma lo spettacolo in una ridda di fischi, schiamazzi, provocazioni feroci rivolte all’artista di turno.
Questo genere popolare, bistrattato e burrascoso, ha caratterizzato un’epoca, in cui lo spettacolo si scriveva con la ESSE maiuscola. L'umorismo italiano aveva valori inventivi straordinari in continua evoluzione; una vis comica e una “vena aurea” che tutt’oggi ci ritroviamo in eredità.
Il Varietè, la Rivista e l’Avanspettacolo, che si sono sviluppati nel periodo pre e post bellico, hanno rappresentato una vera e propria fucina di un nutritissimo cast di attori di altissimo livello, che hanno poi rappresentato l'Italia nel mondo delle Arti. Con tutte le sue insite difficoltà storiche ha dato slancio a quell'ebbrezza, a quella ventata di inebriante euforia, che sfociò in seguito nel "miracolo italiano". Cosa sarebbe stato il Cinema, il Teatro, la Musica, senza Petrolini, Totò, Fabrizi, la Magnani, i De Rege, i Maggio, i De Filippo, i Taranto, De Vico, Croccolo, Sordi, De Sica, Manfredi, Rascel, Panelli, la Valori, la Borboni, Tognazzi, Vianello, Chiari, Agus, Macario, Campanini, Dapporto, Billi, Riva, Bramieri, Scotti, Franchi e Ingrassia, Banfi e tanti, tanti altri ancora? Di quale considerazione a livello internazionale godremmo?.
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Bagliori d'avanspettacolo
vita morte e miracoli di una compagnia di provincia
scritto e diretto da Patrizia Masi
con Mimmo Appetiti, Patrizia Masi, Antonia Petrangeli, Antonella Cappucci, Maddalena Fierro, Lello Somma, Ornella Pennacchioni, Marco Rucci, Monica Ferzi, Simona Dascalu
Accompagnamento musicale dal vivo Orchestrina Gran Bazar
diretta da Vincenzo De Filippo (Pianoforte e Flicorno) con Pasquale Lancuba (Bayan), Luca Cipriano (Clarinetti), Andrea Filippucci (Chitarra elettronica), Giovanni Campanella (Batteria)
Sound & Light Engineering, Pasquale Citera
Giocoliere Paolo Mele in arte Lucignolo
Scenografia, Cristina Costantini / Costumi, Juliette Bercham / Acconciature, Cocolemocò / Riprese-Montaggio Video, Renato Mariani / Assistente di Produzione, Antonia Petrangeli / Trovarobe, Almaz Jumaresi / Direttore di Scena, Loredana Oradei / Direttore di Produzione, Vincenzo Lupi / Fotografia, Emanuele Marzi
Teatro Dell'Orologio
via dei Filippini 17 a
dal 16 al 20 marzo
Tel teatro 06- 6875550 – 347 7485822
Tel Compagnia Bolero 06.87247815 - 338/9119402 - 338.8626261 |
email noidibolero@hotmail.com sito http://noidibolero.wix.com//noidibolero
Biglietti 15.00 euro + 3.00 (tessera associativa del teatro)
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