IL TEATRO MENOTTI
AL TEATRO VERDIDal 12 al 17 gennaio 2016
Valerio Binasco
LA LEZIONE
prima milanese
di Eugène Ionesco
regia Valerio Binasco
con Enrico Campanati, Elena Gigliotti e Franco Ravera
costumi Bruno Cereseto e Daniela De Blasio
scene Emanuele Conte
luci Matteo Selis
produzione Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse
durata 75 senza intervallo
Con La lezione di Eugène Ionesco, diretto da Valerio Binasco e prodotto da Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse, il Teatro Menotti dal 12 al 17 gennaio torna a presentare spettacoli della Stagione 2015/2016 al Teatro Verdi.
La lezione, scritta negli anni ’50, è uno dei testi più rappresentativi del teatro dell’Assurdo.
In questa messa in scena l’accento, a differenza di quanto in genere accade con i lavori di Ionesco, è sui toni più realistici e naturali della vicenda e a cambiare sono anche i caratteri dei personaggi rispetto al testo originale.
Il testo racconta di un professore e della sua lezione privata a una nuova alunna, scandita da un crescendo parossistico di umorismo surreale.
La storia si svolge in un fatiscente appartamento francese, dove un anziano professore, che vive con il suo maggiordomo, è in attesa di una nuova allieva, per impartirle lezioni di cultura generale.
Fin da subito il professore si diverte a spiare e mettere alla prova la giovane ragazza, che dall’entusiasmo iniziale passa velocemente all’imbarazzo e poi al disagio per la situazione.
Mentre la lezione procede, nell’anziano professore aumenta il senso di rabbia e nichilismo che si riversa nei confronti della nuova alunna fino al tragico finale.
Il vecchio professore, affidato a Enrico Campanati, incarna la fine della civiltà, una figura pessimistica che punta alla distruzione e all’annientamento della speranza, che custodisce in una scatola i simboli maligni del nostro secolo: svastiche, dittatori e altre atrocità.
A questa figura fa da contraltare l’allieva, interpretata da Elena Gigliotti, rispetto all’originale di Ionesco, dove veniva cesellata in una rappresentazione stereotipata di donna superficiale e banale, in questa versione diretta da Binasco ha un carattere più vitale e simboleggia la speranza.
Franco Ravera invece è Marius, il maggiordomo del professore, che nel testo originale era una donna. Questo cambiamento di sesso attualizza la storia al giorno d’oggi. Rinunciando alla figura della Governante, archetipo ottimistico e consolatorio, che negli anni ha rappresentato la madre capace di rassicurare e infine perdonare, qui è invece un personaggio che al tempo stesso è testimone, carnefice, complice e vittima, della deriva violenta che ha preso la storia umana nel corso dei secoli.
Su questi tre personaggi simbolici si giocano i meccanismi de La Lezione, che restano buffi, divertenti, spesso comici, ma con, sullo sfondo, un’angoscia e un senso di disperazione incombenti.
La scena firmata da Emanuele Conte rappresenta il soggiorno fatiscente di una vecchia casa con mobili antichi, quadri staccati dalle pareti, bicchieri sporchi, scatole antiche e l’umidità che incrosta la vecchia tappezzeria anni ’50. Una scena che tiene conto di tutti gli elementi di questo spettacolo in equilibrio tra il massimo della finzione e il massimo della realtà. Così come la recitazione, che si incanala sui toni credibili rinunciando agli eccessi della teatralizzazione.
La regia di Valerio Binasco sposta l’attenzione sulla realtà del teatro dell’assurdo di Ionesco e la recitazione va in quella direzione, evidenziando temi di vita reale contaminata di assurdo.
Valerio Binasco ritrova Enrico Campanati dopo averlo diretto in Sonno di Ian Fosse nella stagione 2009/2010, spettacolo prodotto dal Teatro della Tosse, per cui il regista aveva ricevuto il Premio della Critica 2010 assegnato dall’associazione nazionale dei critici di teatro per la regia.
Elena Gigliotti e Franco Ravera collaborano da diversi anni con il regista. I costumi sono realizzati da Bruno Cereseto e Daniela De Blasio della sartoria del Teatro della Tosse.
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Il teatro di Ionesco è una specie di mondo rovesciato. Tutto quel che ci entra dentro, si capovolge, come il salto di un pagliaccio. Dato che l’Assurdo (alla cui scoperta nel campo della letteratura Ionesco deve la sua fortuna) è il tema filosofico di tutte le sue pièce, anche la filosofia si trasforma in materia per buffoni. È un giullare, Ionesco, che prende in giro il suo Re. Il suo Re è il teatro. Nelle sue commedie si sente che lo odia e lo ama. Anche sul volto stesso di Ionesco si vede il tormento dell’ ambivalenza: una smorfia di cupo disprezzo, sormontata da due occhioni di bambino, un bambino dagli occhi incantati, che hanno appena smesso di piangere. (O di ridere.)
Negli anni da poco passati, quando il teatro esisteva ancora, registi e attori si sono compiaciuti di enfatizzare soprattutto l’odio di quel bambino, puntando tutto sull’effetto devastante delle sue assurdità. Credo che la definizione Teatro dell’Assurdo sia stata inventata apposta per lui. Forse per attenuare ipocritamente il peso dell’assurdità di vivere, etichettandola come fosse uno stile... Perché è un peso ben difficile da portare, se lo si prende sul serio. Qualcuno (credo fosse Camus) ha detto: l’assurdo ha senso solo se gli si nega consenso. Dando troppo consenso al gusto giullaresco dell’assurdo per l’assurdo, i teatranti dell’epoca passata hanno sfogato tutto quel che c’era dentro l’odio di Ionesco per caro vecchio teatro. Un odio vestito da pagliaccio. Bene. Dato però che quell’approccio mi pare molto arido, per una volta dovrò dire che sono contento di appartenere invece a questa epoca, almeno per quel che riguarda il mio rapporto con Ionesco. In un epoca come la nostra, infatti, che assiste alla progressiva scomparsa del teatro - e di conseguenza, se si vuol dare ragione a Shelley, anche della società civile - l’assurdo di Ionesco apre per me inattesi varchi di poesia, e sembra vibrare di una qualche nostalgia per l’umanità. E allora prendiamo coraggio, e diciamo che è arrivato il tempo di portare in scena anche l’altro lato del suo sentimento verso il teatro: l’amore. Non credo che ci porterà fuori strada: a ben vedere l’amore è un sentimento ben più assurdo dell’odio. Come si fa? In questo momento – che è una tranquilla sera di settembre, e sono ancora molto lontano dalle prove… - posso solo dire che per prima cosa vorrei cercare di negare consenso alla sua risaputa Teatralità dell’Assurdo, e restituirlo a qualcosa che - del tutto ingenuamente – io vorrei chiamare vita. Vorrei che i suoi personaggi sembrassero persone strette nella morsa di relazioni assurde, piuttosto che assurde marionette strette nella morse della plausibilità. Voglio che sia prima di tutto una storia umana. Piena di stranezze affascinanti, di suspance e di comicità. Voglio crederci, a tutto quell’assurdo. Voglio dire che è anche il mio, e che è anche il tuo. Certo, credo che se ci riusciremo ci sarà molto da ridere, e forse (dico forse) anche un po’ da piangere. Ed ecco, allora, che sto rivelando il mio segreto intento di regista: fare di questo testo un dramma del caro vecchio, e ormai quasi scomparso Teatro. C’è qualcosa di più assurdo che si possa chiedere a un testo di Ionesco? No. Mi avventuro in questa ricerca sapendo che c’è molta verità e molta allegria genuina, che traspaiono continuamente ne La Lezione, e, a dispetto della sfacciata stravaganza dell’autore, perfino una poesia arresa nei confronti dell’umanità. Se noi riusciremo a renderla visibile, avremo la possibilità di fare una grande esperienza di teatro di Attori. Che è il più bello che ci sia. Non è una speranza da poco.
Dedico questo nostro viaggio nel mondo rovesciato de La Lezione alla vera assurdità della nostra epoca: alla speranza.
Valerio Binasco
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Via Ciro Menotti 11 - Milano
tel. 02 36592544
biglietteria@tieffeteatro.it
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lunedì e mercoledì dalle ore 15,00 alle ore 18,00
martedì, giovedì, venerdì dalle ore 15,00 alle ore 19,00
sabato dalle ore 15,30 alle ore 19,00
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Via Pastrengo 16 – Milano
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domenica ore 16.30
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domenica ore 16.30
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